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Recuperare l’universo simbolico nella capacità creatrice della parola

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Foto di Jonathan Velasquez su Unsplash

La parola e la carità al centro della Chiesa testimoniata da Francesco. Nel campo della comunicazione va recuperato secondo il Pontefice l’universo simbolico nella capacità
creatrice della parola e nel potere evocatore dell’immagine. Questi due elementi offrono possibilità di rinnovamento del linguaggio, che deve essere capace di creare nelle differenti culture luoghi dove sia possibile percepire la presenza del sacro sia a livello personale che comunitario. Perciò, mistica e social. La nuova evangelizzazione ha
un cuore antico, come dimostra la Rete Mondiale di Preghiera del Papa. Tra i compiti dell’organizzazione– ex Apostolato della Preghiera -, le intenzioni di preghiera mensili che il Papa affida in video e sui social attraverso la sua Rete Mondiale a tutti i fedeli del mondo. Padre Federico Lombardi da alcuni anni fa parte del consiglio di amministrazione. E ricorda che “il nucleo della spiritualità che viene promossa ruota intorno al Cuore di Gesù“. E apprezza “l’impegno per trovare linguaggi e forme di promozione adatti al mondo in cui oggi viviamo, con le sue modalità di comunicazione”. Il gesuita che ha diretto la Sala Stampa vaticana intende quelle digitali, senza abbandonare le precedenti, che garantiscono la continuità con le generazioni più avanzate in età. “La stessa definizione di ‘Rete Mondiale di Preghiera del Papa’ mi sembra molto ben indovinata- sottolinea  padre Lombardi-. Le iniziative del ‘Video del Papa‘ per spiegare e far conoscere le intenzioni di preghiera. E di ‘Click to Pray’ per suggerire e accompagnare la preghiera di persone e gruppi tramite le vie digitali correnti. Sono frutto di creatività e di lungo, intelligente e paziente lavoro, senz’altro da proseguire e incoraggiare. Papa Francesco ha evidentemente dato un contributo determinante per questi sviluppi. E gliene siamo immensamente grati. Ora, con la sua ultima enciclicaDilexit nos‘ orienta la nostra attenzione e ci dirige con decisione verso il cuore del nostro servizio: appunto il Cuore di Gesù”

Padre Federico Lombardi (© Vatican media)

La Chiesa impara a comunicare al Concilio e, sei decenni dal Vaticano II, Francesco completa la rivoluzione linguistica. Nel 2023 si è celebrato il 60° anniversario del decreto
conciliare Inter Mirifica, con il quale si concede una sorta di cittadinanza ai mezzi di comunicazione, che vengono riconosciuti come strumento importante per la vita della Chiesa. E quindi si chiede ai pastori di usarli efficacemente. Nella fase preparatoria del Concilio Vaticano II, l’ambito della comunicazione non fu considerato come un orizzonte
strategico per la Chiesa o per il futuro dell’umanità. Delle 9.348 proposte di tema per i lavori del futuro concilio, solo 18 facevano riferimento alla comunicazione. Fu Giovanni XXIII che desiderò introdurre il tema dei mezzi di comunicazione nell’agenda conciliare. Alla fine si approvò il documento con 1.969 voti a favore e 164 contrari. Fu il documento che ebbe più voti contrari. Il suo varo diede il via a un processo di assimilazione dei mezzi di comunicazione sociali nella vita della Chiesa. Il documento conciliare diede due mandati
chiari. Creò la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali e chiese che si cominciasse a redigere un’istruzione pastorale, che fu poi pubblicata nel 1971 con il titolo “Communio
et Progressio“.

Foto © Samantha Zucchi/Insidefoto/Image

Insomma, si iniziò a consolidare l’interesse della Chiesa per i mezzi di comunicazione. L’istituzione ecclesiale non si limitava ad essere un censore, cercava, anzi, di motivare i pastori ad interessarsi al mondo della comunicazione. Invitandoli a mantenere una mente aperta di fronte alle opportunità che i media offrivano nel campo dell’evangelizzazione. Da un lato, rimase chiaro che la testimonianza di una vita cristiana autentica fosse il primo mezzo di evangelizzazione. Così affermava anche Paolo VI nel 1975: “È dunque mediante la sua condotta, mediante la sua vita, che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, vale a dire mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola, di santità” (Evangelii Nuntiandi 41). Dall’altro lato, invece, andò crescendo l’interesse per gli aspetti tecnici della comunicazione; i sacerdoti e, in generale, gli addetti alla pastorale, fecero propri i mezzi di comunicazione di massa tra gli anni Settanta e Ottanta, stimolati dall’invito fatto da Paolo VI con le celebri parole: “La Chiesa si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi, che l’intelligenza umana rende ogni giorno più perfezionati. Servendosi di essi la Chiesa “predica sui tetti” il messaggio di cui è depositaria; in loro essa trova una versione moderna ed efficace del pulpito. Grazie ad essi riesce a parlare alle moltitudini” (Evangelii Nuntiandi 41).

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Con il Concilio la Chiesa iniziò ad utilizzare gli strumenti di comunicazione di massa, concependoli come un megafono mediante il quale annunciare il Vangelo, con la convinzione sottostante che maggiore fosse stata la quantità dei mezzi di comunicazione più ampia sarebbe stata l’efficacia della comunicazione stessa. Si sviluppò, inoltre, il dibattito, che dura ancora oggi, circa la necessità d’avere mezzi propri o di essere presenti nei mezzi non cattolici. Con l’espansione e la globalizzazione di Internet negli anni Novanta, il panorama cambiò radicalmente. Il fenomeno della globalizzazione influenzò tutte le sfere della vita della persona. Questa nuova realtà presentò nuove opportunità e nuove sfide. Il paradigma della comunicazione nella vita degli esseri umani si trasformò, si smise di parlare di mezzi o di strumenti di comunicazione di massa. Come ricostruiva un report del dicastero vaticano delle Comunicazioni sociali, Giovanni Paolo II, all’inizio degli anni Novanta, fece notare che la Chiesa stava assistendo alla trasformazione degli strumenti di comunicazione sociale, che iniziavano ad essere concepiti come un ambiente che la Chiesa deve abitare ed evangelizzare (Redemptoris Missio, 37).

Giacomo Galeazzi: