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Recovery Fund, un’occasione per riformare anche la giustizia

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Entrerebbe nella storia un governo della giustizia che si ponesse l’obiettivo di ridurre tre numeri la cui consistenza causa disagi, sofferenze e danni incalcolabili: la quantità di denaro che ogni anno l’erario è costretto a versare per indennizzare le ingiuste detenzioni; la quantità di procedimenti penali che si perdono per via della prescrizione; la quantità di magistrati sottoposti a giudizio o condannati. A essi si aggiunge un ulteriore numero-scandalo: la quantità di indagini avviate – e pubblicizzate – su fronti rilevantissimi, che grazie a sequestri, informazioni di garanzia e talora pure arresti, bloccano importanti interventi istituzionali, e poi si concludono nel nulla; ottenendo i risultati di rendere impossibile il ripristino delle opere programmate, di pregiudicare azioni di governo coerenti con mandati elettorali, e anche di espellere dalle istituzioni quei funzionari pubblici che le stavano seguendo. Dalla distruzione dell’Ilva alla diffusione della xylella, per non parlare degli ostacoli al contrasto dell’immigrazione irregolare, il campionario delle barriere costituite da opzioni giudiziarie ideologizzate e/o partigiane è lungo e doloroso.

Per scongiurare che questi numeri continuino a lievitare andrebbe affrontato il nodo delle riforme riguardanti il capitale umano impegnato nel rendere quotidiana giustizia. Più volte ipotizzate, talora discusse, esse non sono mai state varate per opposizioni che sono espressione di quel “sistema”, che dà il titolo a un libro a ruba in questi giorni: dalla separazione delle carriere alla riforma del procedimento disciplinare, dalle modalità di accesso alla funzione giudiziaria ai criteri per nominare i capi degli uffici.

L’equilibro non del tutto stabile sul quale si basa il nuovo Esecutivo non rende prevedibili sviluppi riformatori del genere. Immaginando che non sia coltivata l’ambizione di entrare nella storia, è però auspicabile che sia affrontato ciò a cui chiama la cronaca: e quindi che si riscriva il Recovery plan nella parte relativa alla giustizia. Nell’ultima bozza del piano, diffusa il 12 gennaio, essa corrispondeva alla copertura finanziaria del disegno di legge di riforma, pendente alla Camera, voluto dal precedente Ministro Alfonso Bonafede e fortemente criticato da larga parte degli operatori del settore. Pur nella consapevolezza che alcuni nodi non si risolvono soltanto con risorse aggiuntive, non andrebbe sprecata l’occasione di disporre di uno spicchio di Recovery fund per ricevere risorse ingenti.

La priorità è stata finora individuata – a parole – nella giustizia civile, e non a torto visti i tempi di definizione delle controversie; ma se invece di uno sguardo settoriale si volesse optare per un approccio d’insieme, le direttrici di impiego di quanto il Recovery mette a disposizione sono necessariamente due – incremento del personale e digitalizzazione – e coinvolgono tutte le articolazioni del mondo giudiziario, e quindi anche il penale e il tributario (ne abbiamo trattato come Centro studi Rosario Livatino con un documento diffuso nei giorni scorsi https://www.centrostudilivatino.it/recovery-fund-e-giustizia/).

Incremento del personale chiama in causa non soltanto l’ampliamento con nuovi concorsi per chi lavora nelle cancellerie, ma prima ancora l’aumento degli organici della magistratura togata. Una fetta importante dei giudizi, soprattutto in primo grado, viene gestita da giudici onorari, quindi non incardinati in ruolo, precari, mal pagati; l’intera giurisdizione tributaria di merito è nelle mani di magistrati che non sono a essa interamente dedicati (e peraltro sono nominati dal MEF, che è una delle parti in causa dei giudizi). L’assorbimento di costoro attraverso corsie concorsuali preferenziali è indilazionabile: il Recovery fornisce il denaro per farlo.

Digitalizzazione non vuol dire processo da remoto sempre e comunque: per il penale, come per le indagini, è veramente impraticabile. Significa però facilitare la vita degli operatori della giustizia nel rapporto con le cancellerie, utilizzando la pec per depositare atti con risparmio di ore e di risorse. A condizione di affidare il progetto a chi fornisca le garanzie per farlo funzionare.

Se il tempo di lavoro del nuovo Esecutivo fosse impiegato nel settore giustizia per un cambio di passo su organici e informatica, favorito dalle risorse aggiuntive del fund, non risolverebbe i problemi più gravi, ma non sarebbe stato speso invano.

Alfredo Mantovano: