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Rappresentanza e stabilità, i due poli della Costituzione

Il nostro sistema elettorale non è costituzionale, cioè la Costituzione non vincola il Parlamento ad adottare un sistema elettorale, anche se la previsione implicita a cui tendevano i padri della Costituzione nel 48 era quella del sistema proporzionale. Quali punti si pongono oggi? L’esperienza è stata fatta su una molteplicità di sistemi che in epoca recente sono stati costantemente variati e spesso con un’attenzione non tanto alla funzionalità del sistema stesso, quanto al vantaggio che qualcuno poteva trarre dal meccanismo elettorale in questione.

Quali sono le alternative di fondo? Un sistema maggioritario, nel senso che chi vince nel singolo collegio con collegio maggioritario e uninominale, prende il seggio e le minoranze non sono rappresentate. Un criterio invece, all’opposto, proporzionale tende a fotografare in maniera chiara nella proporzionalità il voto, cioè il numero di seggi è proporzionale al numero di voti ottenuto. I sistemi elettorali possono essere numerosi e tutti legittimi, dal momento che il nostro sistema prevede che il Governo sia formato con un’investitura parlamentare con un voto di fiducia. Dunque la composizione del Parlamento consente la formazione e la stabilità del Governo.

I due poli della Costituzione sono rappresentanza e stabilità. Quali sono i punti di riferimento diciamo così massimalisti? Il sistema proporzionale puro che può soddisfare al meglio la consistenza elettorale, ma c’è sempre qualche correttivo. Il sistema proporzionale garantisce meglio i diritti delle minoranze in Parlamento e può rendere più difficile la stabilità del Governo. Il sistema maggioritario se all’inglese è a collegi uninominali e individua direttamente chi è eletto in un collegio, quindi il rapporto tra elettori ed eletto e mortifica le minoranze. Chi vince prende tutto. Ecco perché ci sono vari correttivi nell’uno e nell’altro meccanismo.

Qual è il difetto evidente del sistema attuale? Non tanto il sistema di ripartizione dei seggi, quanto le piccole liste bloccate, cioè a ciascuna lista i seggi vengono attribuiti nell’ordine della collocazione dei diversi responsabili della lista. Questo attribuisce un potere enorme a chi è legittimato a presentare le liste, cioè ai leader dei vertici delle forze politiche, dei partiti, e indebolisce fortemente l’autonomia di ciascun candidato e con questo anche il rapporto tra i candidati e il corpo elettorale del collegio nel quale sono stati eletti.

I sistemi sono molti e il rischio è che vengano modificati come talvolta è avvenuto con l’intenzione di favorire le forze politiche che approvano la riforma in previsione di come possono trarre vantaggio dal sistema elettorale che si va configurando e spesso sono smentiti in queste attese dai risultati delle votazioni. La cura per un sistema elettorale che assicuri una presenza in Parlamento delle minoranze ma assicuri anche una governabilità deve essere tanto più grande se si riduce il numero dei rappresentanti in Parlamento.

Quello che può accadere per esempio in Senato con la riduzione a 200 del numero dei seggi è che in più Regioni le minoranze non siano affatto rappresentate. E questo può essere non solo un inganno per le rappresentanze, ma può portare anche alla crescita di forze anti sistema; perché le forze che sono rappresentate in Parlamento normalmente concorrono a rendere solida la democraticità della Costituzione.

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