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I temi-chiave del Papa degli ultimi

Un papa in dialogo con la tradizionale vocazione sociale della barca di Pietro. Sono soprattutto i documenti dedicati dai suoi predecessori ai poveri, ai fragili, ai deboli, agli “invisibili” ad ispirare il Magistero di Francesco. Non si può più aspettare a risolvere le cause strutturali della povertà. Va guarita la società da una malattia che può solo portare verso nuove crisi. I mercati e la speculazione finanziaria, infatti, non possono godere di un’autonomia assoluta. Senza una soluzione ai problemi dei poveri non si possono risolvere i problemi del mondo. In questa ottica Jorge Mario Bergoglio invoca programmi, meccanismi e processi orientati a una migliore distribuzione delle risorse, alla creazione di lavoro, alla promozione integrale di chi è escluso. Nella sua predicazione riecheggiano le parole forti e profetiche di Pio XI nell’ enciclica “Quadragesimo Anno” contro l’imperialismo internazionale del denaro, oggi suonano per molti, anche cattolici, eccessive e radicali? “Pio XI sembra esagerato a coloro che si sentono colpiti dalle sue parole, punti sul vivo dalle sue profetiche denunce”, sostiene Francesco. “Ma il papa non era esagerato, aveva detto la verità dopo la crisi economico-finanziaria del 1929, e da buon alpinista vedeva le cose come stavano, sapeva guardare lontano. Temo che gli esagerati siano piuttosto coloro che ancora oggi si sentono chiamati in causa dai richiami di Pio XI”.

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Foto © Andrea Giannetti

Restano ancora valide le pagine della Populorum Progressio nelle quali si dice che la proprietà privata non è un diritto assoluto ma è subordinata al bene comune. E quelle del Catechismo di san Pio X che elenca tra i peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio l’opprimere i poveri e il defraudare della giusta mercede gli operai. “Non solo sono affermazioni ancora valide, ma più il tempo passa e più trovo che siano comprovate dall’esperienza“, dichiara Jorge Mario Bergoglio. “I poveri sono carne di Cristo. Prima che arrivasse Francesco d’Assisi c’erano i ‘pauperisti’, nel Medio Evo ci sono state molte correnti pauperistiche. Il pauperismo è una caricatura del Vangelo e della stessa povertà. Invece san Francesco ci ha aiutato a scoprire il legame profondo tra la povertà e il cammino evangelico. Gesù afferma che non si possono servire due padroni, Dio e la ricchezza. È pauperismo? Gesù ci dice qual è il ‘protocollo’ sulla base del quale noi saremo giudicati, è quello che leggiamo nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo: ho avuto fame, ho avuto sete, sono stato in carcere, ero malato, ero nudo e mi avete aiutato, vestito, visitato, vi siete presi cura di me. Ogni volta che facciamo questo a un nostro fratello, lo facciamo a Gesù. Avere cura del nostro prossimo: di chi è povero, di chi soffre nel corpo, nello spirito, di chi è nel bisogno. Questa è la pietra di paragone. È pauperismo? No, è Vangelo”. Infatti, secondo Jorge Mario Bergoglio, “la povertà allontana dall’idolatria, dal sentirci autosufficienti. Zaccheo, dopo aver incrociato lo sguardo misericordioso di Gesù, ha donato la metà dei suoi averi ai poveri”.

© Frantisek Krejci da Pixabay

Quello del Vangelo, per papa Francesco, è “un messaggio rivolto a tutti, il Vangelo non condanna i ricchi ma l’idolatria della ricchezza, quell’idolatria che rende insensibili al grido del povero. Gesù ha detto che prima di offrire il nostro dono davanti all’altare dobbiamo riconciliarci con il nostro fratello per essere in pace con lui. Credo che possiamo, per analogia, estendere questa richiesta anche all’essere in pace con questi fratelli poveri“. Nel Concilio trova completa espressione la tradizione “sociale” dei Padri della Chiesa Francesco rimarca la continuità con la tradizione della Chiesa nell’attenzione ai poveri richiamandosi proprio al Vaticano II. Un mese prima di aprire il Concilio ecumenico, Giovanni XXIII afferma che la Chiesa si presenta quale è e vuole essere, come la Chiesa è di tutti, e particolarmente la Chiesa dei poveri. Negli anni successivi la scelta preferenziale per i poveri è entrata nei documenti del magistero.

Papa
La statua dedicata ai Santi Cirillo e Metodio. Foto di intererra da Pixabay

Qualcuno potrebbe pensare a una novità, mentre si tratta di un’attenzione che ha la sua origine nel Vangelo. Ed è documentata già nei primi secoli di cristianesimo. Dunque, se Francesco ripetesse alcuni brani delle omelie dei primi Padri della Chiesa, del II o del III secolo, su come si debbano trattare i poveri, ci sarebbe qualcuno ad accusarlo che la sua è un’omelia marxista. Per esempio, non è del tuo avere che tu fai dono al povero. Tu non fai che rendergli ciò che gli appartiene. Poiché è quel che è dato in comune per l’uso di tutti, ciò che tu ti annetti. La terra è data a tutti, e non solamente ai ricchi. Sono parole di sant’Ambrogio, servite a papa Paolo VI per affermare, nella Populorum Progressio, che la proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto. E che nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario. San Giovanni Crisostomo affermava: “Non condividere i propri beni con i poveri significa derubarli e privarli della vita. I beni che possediamo non sono nostri, ma loro”.

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