In un contesto di terza guerra mondiale, in cui viene a prospettarsi una nuova configurazione dell’Occidente europeo rispetto alle grandi potenze mondiali emergenti, sembra essere messa in crisi la “promessa” fondamentale che la modernità aveva immesso nel genoma della democrazia: l’emancipazione della soggettività e la liberazione dalle catene del dominio eteronomo per essere realmente autonomi e, per questo stesso, più liberi. Come hanno sottolineato parecchi pensatori cattolici del secolo ventesimo (si possono citare Jacques Maritain, don Luigi Sturzo, Giorgio La Pira, Pietro Pavan), lungo il tempo il cristianesimo ha germinato nelle culture ospitanti un substrato di valori che, a sua volta, ha prodotto nell’immaginario collettivo e nella realtà storica uno standard di democrazia di non ritorno.
I valori di libertà, responsabilità, uguaglianza e fraternità, seminati nei solchi della storia, hanno gradualmente fecondato la nascente dimensione strutturale della democrazia, rendendola ricettacolo ad essi omogeneo, sì da apparire ostile rispetto a visioni della persona e della società che li contraddicono. Ma nell’attuale situazione storica, l’agnosticismo dominante, il secolarismo avanzato, la frammentarietà dell’ethos prodotta da un multiculturalismo divaricato, il pluralismo religioso, la multietnicità e il particolarismo localistico stanno mettendo a dura prova l’unione morale dei popoli occidentali. La loro coscienza sociale, ad esempio, non riesce più a percepire come valori fondamentali il diritto alla vita del nascituro, la famiglia come soggetto collettivo, la dimensione comunitaria delle fedi religiose, il bene comune, la giustizia sociale, l’autorità come facoltà di comandare secondo ragione: valori, questi, codificati nelle varie Carte costituzionali varate dopo la Seconda guerra mondiale.
Per progredire nella costruzione di un popolo in pace, giustizia e fraternità, papa Francesco indica quattro principi essenziali, derivati dai grandi postulati della Dottrina sociale della Chiesa: a) il tempo è superiore allo spazio; b) l’unità prevale sul conflitto; c) la realtà è più importante dell’idea; d) il tutto è superiore alla parte Detto altrimenti, la condizione per essere e sentirsi popolo è di accrescere ed irrobustire la vita morale delle persone e dei gruppi, la loro unione spirituale, il «noi», che si struttura sulla base del dialogo, a partire da una comune ricerca. La democrazia, intimamente connessa con l’essere antropologico ed etico dei popoli, è, inevitabilmente, percorsa ed abitata da un dinamismo interiore, spirituale, ma non astratto, che emerge storicamente nello spazio e nel tempo mediante la coscienza sociale dei cittadini, con i suoi progressi e anche, purtroppo, con le sue regressioni.
La vita morale dei popoli, la loro percezione dei valori, nonché le loro pratiche comportamentali, costituiscono l’elemento propulsivo ed orientatore delle democrazie. Essendo espressione di persone libere e responsabili, intrinsecamente sociali e relazionali, aperte alla Trascendenza, costituiscono, rispetto all’elemento strutturale, ciò che dà forma e sollecita a configurazioni sempre più umanistiche della democrazia. Peraltro, la dottrina politica dei pensatori contemporanei più quotati e conosciuti non appare in grado di fornire una uscita di sicurezza. Le loro proposte, sebbene elaborate in modo raffinato, appaiono deboli e non risolutive nel predisporre una piattaforma condivisa di valori, perché non ne offrono una giustificazione razionale convincente.