Inizia oggi l’avventura della Quaresima, “segno sacramentale della nostra conversione” (così la liturgia), tempo favorevole che ci prenderà per mano e ci porterà a Pasqua, quando faremo esperienza della vita nuova e vera, sgorgata dal costato trafitto di Gesù ed effusa in pienezza a Pentecoste. Ci è regalato un tempo: questo pensavo nei giorni scorsi. Non uno spazio da conquistare (di guerre non ne possiamo proprio più!), ma un tempo da vivere. Un tempo di 40 giorni che, simbolicamente, indica la totalità della vita; quasi a dirci che l’avventura della Quaresima è l’avventura di tutta la vita…
Il segno delle ceneri, che vengono oggi poste sul nostro capo, è un segno molto ricco. Le ceneri, infatti, dicono la nostra caducità (“ricordati che polvere tu sei e in polvere ritornerai”), ma sono anche un elemento di custodia e fecondità, perché il fuoco riposa sotto la cenere e “la luce splende nelle tenebre” (Gv 1,5). E “come i contadini sul finire dell’inverno distribuivano sul terreno le ceneri accumulate nel tempo freddo per dare nuovo vigore alla terra, così la Parola del Signore è capace di infondere nuove energie agli uomini” (Alberto Maggi).
Non c’è alternativa, allora, tra il fare penitenza (perché Quaresima è anche, indubbiamente, tempo penitenziale) e il venire alla luce (Quaresima è innanzi tutto tempo battesimale): è una eresia moderna separare i due dinamismi!
Le tre opere penitenziali che il vangelo di oggi propone (cfr. Mt 6,1-6.16-18) non sono allora repressione del nostro inevitabile e sano desiderio di vita, ma l’esatto contrario: opere che fanno maturare la vita nuova che a Pasqua fiorirà in pienezza. Opere profondamente umanizzanti, perché toccano le dimensioni fondamentali della vita di ciascuno: il rapporto con Dio (la preghiera), il rapporto con gli altri (l’elemosima), il rapporto con le cose (il digiuno).
Ma Gesù indica come praticarle: “State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre”; perchè il Padre “vede nel segreto” (ed è ripetuto tre volte, nel nostro brano!). Quaresima mi costringe allora a pormi la grande domanda: da chi voglio essere visto/ammirato? Dal Padre o dagli uomini?
E’ allora un tempo che ci chiede di abitare il profondo di noi stessi, un tempo che ci chiede il coraggio della consapevolezza, per scendere nel deserto e lì incontrare il Padre e noi stessi, secondo la promessa rivolta da Dio alla sposa infedele che siamo ciascuno di noi: “la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore” (Os 2,16).
Quaresima è preceduta dal carnevale, il tempo delle maschere e degli inganni. Ma oggi un po’ tutto l’anno rischia di essere un grande carnevale, anche perché la tecnologia ci consente di esprimerci in Rete senza manifestarci davvero, e il volto (quello vero!) e il nome (proprio il mio!) finiscono per smarrirsi. Ecco perché sono contento che inizi finalmente Quaresima: per lasciare la maschera e ritrovare il volto. E il primo passo di questo ritrovamento è proprio il segno delle ceneri, perché sotto la miseria che siamo è custodito un fuoco, proprio quel fuoco che a Pentecoste scende sulla Chiesa raccolta in preghiera. “Dalla cenere, la vita”: il titolo di un bel libro di Paolo Squizzato esprime bene il senso della nostra Quaresima.