Da fuori ci attaccano molte difficoltà. Forse troppe. Così ci sentiamo sempre più isolati, soli. Ognuno soffre e lotta per la propria giustizia. I bisogni dei più oppressi diventano sempre più urgenti. E questo è giusto, però chi si ricorda di noi, dei nostri bisogni? Se alcuni cercano di guarire le loro ferite, gli altri che le hanno provocate, si preparano per sparare altri colpi. La lotta degli interessi piccoli e grandi è pazzesca. Sarebbe bene ritirarsi, ma dove trovare un posto sicuro di comprensione e rispetto? Dobbiamo rimanere esposti, benché ci manchino forza e pazienza.
La vita di Gesù non era nient’altro che una grande esposizione a varie reazioni umane: dagli attacchi dei farisei fino ai bisogni pressanti degli indemoniati o malati. Basta essere buoni e non cercare i propri interessi personali e subito arriva folla di bisognosi, accompagnata da una schiera di invidiosi e cattivi. Quanto è difficile rompere questo impazzare di torto umano. Ma le persone buone hanno grande sensibilità! Sicuramente la aveva anche Gesù: ecco in questo Vangelo di oggi gli è appena giunta voce dell’omicidio di suo cugino. Conosceva benissimo la ragione di questa tragedia, ma forse aveva anche tanti ricordi vivi e belli della loro infanzia insieme. Tutto gli sembrava troppo. Aveva bisogno di ritirarsi – forse per riflettere, pregare, magari piangere…? La solitudine del giusto ha iniziato a farsi sentire per crescere gradualmente fino ai suoi ultimi minuti sulla croce.
Però i bisognosi non rispettano né i momenti delicati, né la stanchezza. Soffrono troppo – e hanno troppa speranza – per non insistere e chiedere aiuto subito. Sono in grado persino di fare un gran sforzo, andare a piedi dalle città per raggiungere il loro scopo. E lo fanno con tanta efficienza: arrivano alla riva prima della barca che portava Gesù. Chi apre una volta il cuore ai bisognosi, non può liberarsi più di loro. Sono tanti e mai saziati. Un aspetto forte ma anche comprensibile. Non conosciamo questo dalla nostra esperienza personale, quando – pur essendo sfiniti – non possiamo rifiutare la richiesta di qualcuno che si trova nel bisogno? Basta guardare i suoi occhi, l’espressione sul suo viso. La commozione è più forte della stanchezza. Che cosa poteva fare Gesù? Il suo cuore compassionevole è stato toccato proprio al centro.
È il punto centrale della sua missione: salvare. Questa missione gli toglie il conforto della tranquillità e del riposo. E non solo: richiede più di ciò che sembra possibile. Non bastava guarire. Presi dai loro bisogni non hanno pensato alla distanza e al cibo. Adesso arriva un nuovo problema, un nuovo bisogno. Gesù non sembra averlo visto. È tanto occupato dalle guarigioni. I discepoli sono più pratici. Ma è realmente così? Gesù sembra intenzionato ad allargare la sua azione di aiuto: vuole anche nutrire la folla, nonostante l’ora tarda e la stanchezza sicuramente ancora più grande. La compassione esercitata aumenta, diventa più sensibile e più creativa.
Quanto grande è la forza della compassione! Spinge Gesù stesso. Raggiunge più di ciò che si potrebbe pensare. Sembra prosciugare il Redentore. Noi siamo più resistenti. E quando siamo stanchi diciamo semplicemente basta. E umanamente, abbiamo ragione. Diventiamo noi i bisognosi e non siamo più in grado di dare, ma abbiamo bisogno di trovare conforto per noi stessi.
Gesù sembra “inesauribile”. Agisce, aiuta senza sosta. Sembra che i bisogni umani lo carichino. Si agganciano alla sua compassione e lì trovano un compimento finale. Quanto forti sono! Accolti, assimilati dalla compassione fanno miracoli. Quante risorse abbiamo allora! Ecco la grandezza della compassione che, come unica e sola riesce a calmare i bisogni.