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Quando il dibattito non tiene conto della realtà

È il momento di cambiare, con il silenzio laborioso.

A sentire le affermazioni mediatiche di alcuni politici, leader di partito o presidenti di regione, non ci si crede. Comunicano bellamente che la gente è stanca di essere limitata nella propria libertà a causa della pandemia e quindi bisognerà  apprestarsi a restituire a tutti più libertà, riaprendo  le attività, mitigando le restrizioni, rientrando nella normalità non consci dei forti danni che possono svilupparsi nella psicologia di massa.

Mi chiedo come si possa essere catturati da un vortice di astrazione così avvilente ed evidente. I contagi in Italia non scendono di numero, in moltissime regioni gli ospedali fanno fatica ad accogliere gli ammalati a causa di saturazioni impreviste, e intorno a noi altri paesi come Germania e Francia adottano misure più restrittive, e noi dovremmo addirittura indebolire le difese già precarie dovute all’incuria passata prodotta dalle stesse cicale?

Persino capi di Governo portati ad esempio all’inizio della pandemia dai negazionisti nostrani ed esteri come Johnson del Regno Unito, si sono convertiti al rigore; chissà poi perché dovremmo abbandonare la cautela. Certamente le limitazioni per bar ristoranti palestre, teatri, cinema, e zone sciistiche comportano conseguenze economiche per gli imprenditori interessati e per l’economia nazionale, ma decisioni maldestre ci procurerebbero danni ancora più ingenti. Costerebbe molto meno per la comunità indennizzarli che attizzare altri focolai d’infezione.

Con le vaccinazioni siamo giunti alla fase più delicata e conclusiva come tutti possono ben intendere; stringere i denti qualche mese ancora potrà farci finalmente uscire dal tunnel indenni. Ma allora perché con un Governo così importante appena varato, i rappresentanti di questa nuova maggioranza annunciata come di salvezza nazionale, non riescono proprio a stare al posto loro?

Con Mario Draghi alla guida della politica italiana il livello della discussione e dei propositi alti è molto cresciuto, e questo ha spiazzato gran parte della dirigenza dei partiti impegnati ormai da troppo tempo a concepire solo una comunicazione di tipo elettoralistica. Il livello delle attività nazionali ed internazionali di Draghi, potenzialmente possono mettere in crisi le dirigenze politiche, abituati come non sono a stare ‘sul pezzo’, soprattutto in momenti delicati come quelli che stiamo vivendo. Dunque un po’ per abitudine, un po’ perché è diventato ancor più arduo stare nell’agone politico, taluni capi di partito o aspiranti tali, fanno la voce grossa per farsi notare o addirittura a intenzionalmente disturbare. Se le cose stanno così, le precauzioni del nuovo Presidente del Consiglio saranno ben presto prese dentro e fuori l’esecutivo.

È evidente che in questi mesi gli italiani si giocano l’ultima chance per la propria condizione economica e sociale e per la loro reputazione internazionale. La posta in gioco è così alta che non può essere sacrificata sull’altare di giochi di palazzo che abbiamo già conosciuto anni fa, quelli messi in atto già con Monti, reo in quell’epoca di agire con politiche economiche di rigore, purtroppo ancora necessarie per curare i mal d’Italia. Ed allora le forze politiche più avvertite dovranno prendersi le loro responsabilità ed adottare posizioni forti per evitare questa deriva. Ma anche il sistema di informazione dovrà scegliere sentieri più virtuosi, dando risalto alle notizie più adatte alla battaglia in atto, anziché proporre discussioni fuorvianti.

Quando si affronta una nemico così dannoso per tutta la comunità  come è il COVID, l’esigenza di sterilizzare ogni comportamento egoistico che può contrastare con gli interessi generali non può che essere la regola basica di comportamento per ciascuno. Ce lo hanno insegnato i nostri avi, così come lo pretende il buon senso. Proprio in queste circostanze, le classi dirigenti devono attenersi al silenzio laborioso. Il potere nella società italiana è molto parcellizzato; non esiste una forza politica che non abbia un proprio aderente che non sia sindaco di una città, che non sia Presidente di una regione, e poi assessori ministri e sottosegretari.

Se vogliono fare qualcosa di utile spronassero ad una gara per azioni virtuose e non a chi la spara più in alto per compiacere chi in quel momento è esasperato ed ha bisogno di aiuto non con le parole ma con i fatti. È il momento di cambiare, con il silenzio laborioso.

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