Spesso le cose belle accadono quando non ci pensi, per caso o magari per Grazia (ma le due cose non sono poi tanto diverse, perché Dio si serve di ogni circostanza per manifestarci la sua tenerezza di Padre…).
Così è accaduto per l’accoglienza, in una Parrocchia della Diocesi di Savona, di un gruppo di profughi afghani. Poco dopo Ferragosto, il Parroco di Valleggia, Don Alessio, viene contattato dalla Croce Rossa, ed io vengo cercato dal Prefetto. Non pensavamo che tutto accadesse così velocemente, a pochi giorni dalla caduta di Kabul, ma quando qualcuno ti chiama come fai a girarti dall’altra parte?
La struttura che ci è stata chiesta per l’accoglienza era stata chiusa da alcuni mesi: era una Casa di riposo per anziani, che non aveva retto all’urto del Covid, nonostante tutti i tentativi fatti per salvarla. Ma le perdite economiche erano davvero insostenibili e gli anziani erano stati trasferiti altrove. Immaginate il dolore (e anche un po’ la rabbia) dei Parrocchiani! Ed ecco la cosa bella e imprevista: una struttura ormai morta – e che si non sapeva come utilizzare – che poteva rifiorire! La scelta non è stata facile, perché molti speravano che la Casa di riposo potesse riaprire (era stata, tra l’altro, costruita con i soldi dei parrocchiani, nei decenni passati). E allora, una sera, il 31 agosto, incontro – col Parroco e i responsabili della Caritas – i rappresentanti della Parrocchia di Valleggia e delle altre tre Parrocchie, più piccole, di cui è Parroco don Alessio (sono tutte e quattro nello stesso Comune, Quiliano). Si legge il Vangelo del giorno, si prega e ci si confronta, nel desiderio di ascoltare tutte le voci, anche quelle dissonanti. Insieme, si matura la decisione di accogliere, nonostante alcune comprensibili perplessità e paure; è una scelta concorde, quasi unanime: i giovani, in particolare, hanno aiutato gli adulti a non avere paura…
Ed io, tornando a casa commosso, penso alla Pasqua: il luogo della perdita e della sconfitta che può rivivere, grazie alla presenza di persone ancora sconosciute, e alla passione di tanti volontari, che offrono la loro disponibilità. Come a Gerusalemme: perché ogni sepolcro è fatto per aprirsi alla resurrezione e le ossa aride sono chiamate a rivivere (cfr. Ez 37)… E mi conforta il pensiero che quanti accoglieremo ci aiuteranno a convertirci, e a passare dalla durezza che esclude alla capacità di guardare la realtà con occhi nuovi. E questo significa, per chi è credente, guardare gli altri con lo stesso sguardo di Cristo.
E finalmente, il 13 settembre, arrivano! Tre famiglie, in tutto 13 persone, tra cui due bimbe piccolissime e belle, una di un anno e mezzo e l’altra di 6 mesi, e ragazzi e adolescenti. Due adulti parlano l’italiano. I primi dialoghi, la voglia e la fatica di ambientarsi. Operatori e volontari che si danno da fare, anche per i pasti e per la notte…Vedremo come va. Per intanto, coltivo il sogno che i ragazzi abbiano voglia d’insegnarci a far volare gli aquiloni.