“Nessuna donna nasce prostituta, c’è sempre qualcuno che ce la fa diventare”. Una frase che il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, il Servo di Dio don Oreste Benzi, ripeteva per far comprendere che le donne che si prostituiscono non lo fanno spontaneamente, ma sono costrette da organizzazioni criminali.
La Commissione Europea ha votato, nei giorni scorsi, un rapporto sui diritti delle donne e l’uguaglianza di genere: il testo fa emergere la necessità urgente negli Stati membri di intervenire per scoraggiare la domanda di prostituzione. Tutto il lavoro che l’Apg23 fa, a vari livelli partendo dai piccoli comuni, fino ad arrivare alle Regioni, insieme alle altre associazioni, contribuisce sempre di più a condurci nella giusta direzione, quella che don Oreste aveva intuito anni fa, durante la sua battaglia per sconfiggere la prostituzione schiavizzata. Lui affermava con forza che dietro queste donne c’era, ma ancora oggi c’è, una malavita ben strutturata che sfrutta la domanda che arriva dai cosiddetti “clienti”. Dire che la prostituzione è il mestiere più antico del mondo è un’ingiustizia e una scusa per coprire la realtà dei fatti: c’è uno sfruttamento di genere, ossia l’uomo che assoggetta la donna e sfrutta il suo corpo.
Questo lavoro che come Comunità Papa Giovanni XXIII portiamo avanti da anni, insieme anche ad altre associazioni, inizia a dare i suoi frutti. Il rapporto europeo mostra un buon livello di consapevolezza. Non siamo ancora a un grado ottimale e ideale perché ancora c’è l’idea che si possa legalizzare la prostituzione e questo per noi è inaccettabile.
Inoltre, non dobbiamo dimenticare né sottovalutare l’importanza della formazione e della sensibilizzazione. Il cambio di mentalità della nostra società avviene con l’evolversi delle generazioni. Per questo bisogna andare nelle scuole, parlare con i giovani, far capire loro che le giovani donne che incontrano sulle strade o nei night non sono lì per loro libera scelta, ma sono obbligate, minacciate e schiavizzate. Sono molti i temi di cui bisogna parlare con i giovani, a partire da quello della violenza di genere: non può essere un argomento cavalcato sull’onda del momento, ma deve essere affrontato per quello che è. Abbiamo visto come la prostituzione si sia trasformata durante gli anni della pandemia, passando dall’aperto, dalle strade, al chiuso.
Ecco perché è molto importante fare in modo che tutti – sia i giovani sia chi siede nelle stanze dei bottoni – prendano coscienza di questa piaga. La speranza è che vengano emanate delle leggi che agevolino il lavoro di contrasto allo sfruttamento della donna.