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La prima delle tre opere buone

La nostra preghiera – tanto importante quanto misera in questi tempi! Persi nelle azioni e preoccupazioni sappiamo ancora pregare? Abbiamo abbastanza tempo e tranquillità? Chi la tiene in considerazione? Chi sente la sua importanza? Abbiamo forse pragmatizzato e privatizzato troppo la nostra fede. Soprattutto vogliamo agire, vedere i risultati. Questo è giusto ma non è tutto!

Non a caso la preghiera è la prima delle tre migliori opere buone. Precede il digiuno e l’elemosina. Ma chi lo ricorda? Siamo attenti a come preghiamo? Molto spesso facciamo uso delle preghiere quasi fossero formule quasi magiche, ciò che rimane nella nostra memoria dai tempi della prima comunione. Tutto risulta superficiale, affrettato. Siamo sempre di corsa, inondati da informazioni e sfide. Questo non aiuta a pregare, anzi, impedisce. La preghiera è il tempo “perso” per Dio, disinteressatamente offertogli. È una risorsa gestita da una logica che non è di questo mondo, perciò, così rara ed inaccessibile.

Ma basta guardare Gesù, come organizza la sua attività. La intreccia con momenti di ritiro, di preghiera lunga, personale. Sembra essere avvolto da essa. Ne viene fuori per agire con tanta intensità e forza ma poi di nuovo torna nel suo spazio orante. È il suo modo di stare col Padre. Il suo vero stato esistenziale. La sua base e risorsa. Da lì inizia e si compie tutto.

Il Vangelo di oggi ci svela in parte il segreto della sua preghiera sempre discreta, ma questa volta in qualche modo condivisa con tre apostoli eletti. Nella più antica tradizione spirituale della preghiera, quella monastica, non si parlava delle esperienze collegate alla preghiera stessa. Era sempre un ambiente molto misterioso, intimo, a volte delicatamente accennato attraverso qualche immagine biblica (basta ricordare i testi di Gregorio di Nissa o Evagrio Pontico). Solo l’epoca moderna ha osato descrivere, e quasi sistemare vari stati e sfumature della preghiera (Teresa d’ Avila, Giovanni della Croce).

Gesù di solito rimane discreto per quanto riguarda la sua preghiera ma questa volta ci permette di conoscerla un po’. Mostra la luce raggiante dal suo volto e dei suoi vestiti. L’esperienza della luce appare spesso negli scritti monastici sulla preghiera. Si parla del fuoco, dei raggi – simili a quelli che emanavano dal volto di Mosè dopo il suo incontro con Dio. Oltre la luce vediamo la presenza dei santi – la manifestazione concreta della gloria, dove lo splendore s’intreccia col discorso biblico ed intellettuale. Tutto viene integrato, trasformato, trasfigurato.

Poi vediamo l’inadeguatezza umana di partecipare in questa esperienza: il peso, la stanchezza, la sonnolenza. Ma, d’altro lato, ciò nonostante – l’esperienza della bellezza e del bene. Tanta ambiguità o, piuttosto, un’apertura, uno spiraglio di qualche nuova realtà, ancora non raggiungibile, ma presente ed essenziale. Ed alla fine, l’esperienza di paura, che conoscevano anche i patriarchi incontrando Dio stesso. Ma questa paura si trasforma in un compito.

Ecco il dinamismo divino della preghiera! La sua forza e fruttuosità! Nulla ha a che fare con una devozione automatica, magica, superficiale: solo ardore, luce, apertura, trasformazione, invito. Uno slancio verso gli eventi e le azioni concrete che aspettavano sia Gesù sia gli apostoli. Solo che non potevano ancora capirlo. Ma pian piano…

Che cosa significa questa lezione per noi? Tanto! Soprattutto nei tempi presenti caratterizzati da tanta paura, incertezza e preoccupazioni. Ci vuole un ritiro su qualche montagna. Un tempo dedicato esclusivamente a Dio, senza riserva, donato con tutto il cuore. Un’esperienza di presenza che comprende tutto, rendendo tutto chiaro, lucido, luminoso. Non a caso gli antichi maestri monastici della preghiera la vedevano come l’atto di guardare e vedere Dio – e i mistici successivamente descrivevano questo sguardo come scambio, intreccio, unione degli sguardi. La preghiera ci permette di vedere la realtà dalla prospettiva divina. Così ci dà la forza, la saggezza. Trasforma le nostre inadeguatezze nella potenza di Dio. E adesso, dopo la Resurrezione, siamo più privilegiati degli Apostoli. Abbiamo l’accesso diretto a Gesù, alla sua scuola, alla sua preghiera: l’accesso eucaristico – ma anche del cuore. Allora – non esitiamo a perdere il tempo per Gesù, ad adorarlo, ad implorarlo. Proviamo! Per trovare con lui le soluzioni nelle situazioni difficili in cui ci troviamo in questi giorni.

padre Bernard Sawicki: