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Prevenire i suicidi: rompere il silenzio che circonda le persone sole

Ogni anno sono 703mila le persone che si tolgono la vita nel mondo; lo riferisce l’Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui per ogni suicidio, è probabile che ci siano almeno altre 20 persone che lo tentino e molte altre ancora che abbiano seri pensieri a riguardo. Dunque ogni anno è come se sparisse una città come Palermo a causa della mancanza di speranza, della depressione, di traumi e abusi non curati, di problemi psicologici. Di fatto il suicidio è tra le prime 20 principali cause di morte per persone di tutte le età e la terza causa di morte tra i ragazzi di 15-19 anni.

Le fragilità delle persone sono state accentuate dagli ultimi due anni e mezzo segnati dalla pandemia, in cui governi e istituzioni si sono concentrati soprattutto sull’aspetto sanitario di prevenzione del Covid 19, trascurando le ripercussioni sociali e psicologiche dell’isolamento. Ansia, tristezza e mancanza di motivazione sono solo alcuni dei sintomi più diffusi in questo periodo pandemico. Senza contare poi i disturbi post traumatici riscontrati nelle popolazioni colpite dalla guerra in Ucraina.

L’onda lunga della pandemia e delle instabilità geopolitiche si è riflessa sulla salute mentale di milioni di persone. I più esposti a questo clima di incertezza sono stati i bambini che hanno perso tanti momenti di condivisione emotiva, indispensabili per la strutturazione della loro personalità. I dati diffusi dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, alla vigilia della Giornata mondiale dedicata alla prevenzione del suicidio, non lasciano dubbi. Negli ultimi 10 anni gli accessi all’ospedale della Santa Sede per ideazione suicidaria o tentato suicidio sono cresciuti esponenzialmente, con aumento in particolare del 75% nei 2 anni della pandemia (2020-2021) rispetto al biennio precedente. Dai 369 casi del 2018-2019 ai 649 del 2020-2021, in media praticamente un caso ogni giorno.

In una nota il Bambin Gesù ricorda inoltre che numerosi studi scientifici documentano che l’incidenza del suicidio e la prevalenza dei comportamenti suicidari è aumentata sia in alcuni paesi europei che negli USA, soprattutto tra gli adolescenti. Tale crescita sembra essere legata a una generale tendenza all’aumento dei disturbi dell’umore in età evolutiva nei Paesi ad alto reddito. La correlazione tra depressione grave e tentativo di suicidio fra giovani e giovanissimi è confermata da studi recenti. In questa cornice è poi documentato anche l’impatto della pandemia Covid sulla salute mentale dei bambini e degli adolescenti: a livello internazionale, nel 2021 la prevalenza dei casi di depressione e disturbi d’ansia risulta raddoppiata. La tendenza al suicidio è quindi aumentata proprio nei Paesi del Nord del mondo, dove i governi hanno adottato le chiusure e le limitazioni più forti, che hanno messo alla prova anche i legami emotivi e le passioni degli adolescenti.

Sempre secondo le rilevazioni dell’ospedale pediatrico romano “le misure restrittive durante la pandemia COVID hanno avuto un impatto importante su giovani e giovanissimi portando a un aumento delle richieste di aiuto”. Nel biennio precedente (2018-19) gli accessi al pronto soccorso per ideazione suicidaria, tentativo di suicidio e autolesionismo erano stati 464. Nel 2020 e 2021 sono diventati 752, con un aumento di oltre il 60%. Se si considera solo il suicidio, ideato o tentato, l’incremento dei casi rispetto al biennio precedente supera il 75%. Negli ultimi 2 anni i casi di ideazione suicidaria sono stati 477 (+88% rispetto al 2018-19), i tentativi di suicidio 172 (+50%) e i comportamenti autolesivi 103 (+8%). Oltre l’80% dei tentativi di suicido è messo in atto da bambine e ragazze; l’età media di chi tenta di togliersi la vita è di circa 15 anni, il più giovane ha 9 anni. Si tratta di un vero è proprio bollettino di guerra e le cose non vanno meglio sul fronte dei ricoveri. Nel reparto Neuropsichiatria del Bambin Gesù i ricoveri sono passati da 338 nel 2019 a 492 nel 2021 con un aumento del 45%. In particolare le ospedalizzazioni per autolesionismo sono passate dal 30 a oltre il 60% del totale.

Ovviamente il suicidio è un fenomeno che non colpisce solo i giovani ma persone di ogni età, etnia e classe sociale. Ci sarebbe poi da aprire un intero capitolo sulle condizioni della popolazione carceraria, tra le sbarre infatti il tasso di suicidi si impenna drammaticamente. Tuttavia è facile osservare che il benessere economico non mette al riparo da questo dramma, basta pensare che il Giappone e i ricchi Paesi del nord Europa hanno un’incidenza di casi di suicidio più alta dei Paesi mediterranei e di gran lunga maggiore rispetto a quelli africani.

Serve innanzitutto una lotta senza quartiere alla solitudine, male della nostra società contemporanea che per molti versi ha ridotto la felicità dell’uomo alla mera soddisfazione personale. Le pressanti richieste di essere sempre più prestati in ogni campo della vita, dal lavoro al tempo libero, conducono i soggetti più fragili e quelli diversamente abili su un piano inclinato irreversibile, quello dello scarto. Non è un caso che l’eutanasia e il suicidio assistito siano presentati in maniera ingannevole come nuovi diritti individuali. Il concetto utilitaristico di vita degna di essere vissuta avanza e può essere combattuto solo tenendo presente uno dei principi cardine del magistero della Chiesa, ovvero che nessuno di salva da solo. Per questo è necessario rompere il silenzio che circonda le persone sole per farle sentire parte di una comunità che condivide il loro destino.

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