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Il Presepe, invito a seguire nella povertà il Figlio di Dio

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Quest’anno, l’Avvento ha un significato particolare, sembra quasi che la pandemia che ancora ci incalza, non ci permetta di sperare che un nuovo evento si compia, che un nuovo tempo di speranza possa accompagnarci. Forse quello che aspettiamo non è ciò che può avvenire. Noi pensiamo di poter barattare il nostro futuro con un evento “materiale”, un vaccino che ci guarisca dalla pandemia e ci renda immuni da ogni malattia. Noi speriamo che, passata la pandemia, possiamo riprendere tutte le nostre abitudini mondane, dimenticando al più presto questo tempo di attesa e di paura.

Siamo persino convinti che questo sia un tempo di resistenza, di trincea, di clausura; ma un tempo che non cambia nulla, in cui non c’è posto per un Avvento, per una novità, per un cambio di mentalità e di stili di vita, per costruire una realtà di prossimità. Abbiamo perso la capacità di sognare, per cui nella nostra vita non potrà esserci un Avvento, perché l’Avvento è un fatto straordinario, che richiede uno sguardo aperto e limpido, tipico di chi è semplice e umile.

In fondo, l’evento di 2020 anni fa a Betlemme avvenne “fuori le mura”, in un luogo poverissimo ma molto vicino ad una società opulenta e disinteressata…2020 anni dopo sembra che non abbiamo imparato nulla e facciamo finta di non vedere ciò che avviene nella storia, nelle nostre città, accanto a noi. Così come ad accorgersi di quella novità furono i più poveri, i pastori, anche oggi per scorgere una novità serve farsi poveri, è necessario spogliarsi delle sicurezze e del perbenismo di cui siamo ammantati ed a causa delle quali siamo tristi e isolati.

Così come il Presepe di allora fu l’insieme delle persone che si trovarono in quel momento e in quel luogo, anche oggi è possibile farsi Presepe e non solo “fare il Presepe”, affiancare alla fantasia di un bel quadro la profezia di una nuova vita, di un nuovo inizio, di una nuova fratellanza. Farsi Presepe, uscire lungo le strade e mettersi in cammino, incontrare le persone, vedere i loro volti e ascoltare le loro storie, dirigersi verso l’orizzonte in cui la luce è più forte.

“Perché il presepe suscita tanto stupore e ci commuove? Anzitutto perché manifesta la tenerezza di Dio. Lui, il Creatore dell’universo, si abbassa alla nostra piccolezza. Il dono della vita, già misterioso ogni volta per noi, ci affascina ancora di più vedendo che Colui che è nato da Maria è la fonte e il sostegno di ogni vita. In Gesù, il Padre ci ha dato un fratello che viene a cercarci quando siamo disorientati e perdiamo la direzione; un amico fedele che ci sta sempre vicino; ci ha dato il suo Figlio che ci perdona e ci risolleva dal peccato (Papa Francesco – Lettera apostolica Admirabile signum del Santo Padre Francesco sul significato e il valore del Presepe 1 dicembre 2019)

Comporre il presepe nelle nostre case ci aiuta a rivivere la storia che si è vissuta a Betlemme. Non dobbiamo vivere questa esperienza in modo intimistico, ma sapere che quello è luogo dell’incontro e che l’incontro è possibile solo se rendiamo presente l’altro nella nostra vita.

Il presepe è un invito a “sentire”, a “toccare” la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione. E così, implicitamente, è un appello a seguirlo sulla via dell’umiltà, della povertà, della spogliazione, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce. È un appello a incontrarlo e servirlo con misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi (cfr Mt 25,31-46).

È importante ricordare come quell’evento avvenga di notte, perché proprio nella notte della nostra vita può accadere qualcosa di straordinario, proprio nei momenti in cui ci sentiamo soli e disperati avviene ciò che non speriamo più.

«Venuta la sera» (Mc 4,35): sono le parole con cui Papa Francesco ha iniziato il suo discorso del 27 marzo 2020 nella Piazza San Pietro vuota: Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti», così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme.

Credo che questa esperienza sia stata emblematica per capire cos’è la notte e come nella notte possiamo sentire la paura dell’ignoto, senza capire che possa nascere un giorno nuovo se solo siamo capaci di aprire il cuore all’avvento.

Se non riusciamo a recuperare la passione condivisa per una comunità di appartenenza e di solidarietà, alla quale destinare tempo, impegno e beni, l’illusione globale che ci inganna crollerà rovinosamente e lascerà molti in preda alla nausea e al vuoto. Inoltre, non si dovrebbe ingenuamente ignorare che «l’ossessione per uno stile di vita consumistico, soprattutto quando solo pochi possono sostenerlo, potrà provocare soltanto violenza e distruzione reciproca». Il “si salvi chi può” si tradurrà rapidamente nel “tutti contro tutti”, e questo sarà peggio di una pandemia Papa Francesco – Fratelli Tutti).

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». La speranza, oggi come allora, è un bambino nato in una mangiatoia, fuori le mura, povero fra i poveri, nell’indifferenza di una società opulenta. Per viverla, occorre mettersi in cammino, preoccuparci di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, ascoltare il grido dei poveri e del nostro pianeta gravemente malato.

Pensiamo a quante volte la notte circonda la nostra vita. Tanti avvenimenti sono accaduti di notte e non è un caso, ma è nella notte mentre dormiamo che siamo più indifesi. La notte dei nostri giorni, però, è diventata come la notte boreale, e non riusciamo più a vederne la fine.

Allora «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere» (Lc 2,15), diventiamo anche noi testimoni dell’essenziale, cioè della salvezza che viene donata, in un incontro di amore e di grato stupore. E cosi come nel presepe amiamo posizionare statuine che rappresentano i piccoli, gli umili, i poveri, vediamole anche lungo le nostre strade, partecipiamo al dono che ci arriva cosi nuovo e inatteso, quel Dio che inizia l’unica vera rivoluzione che dà speranza e dignità ai diseredati, agli emarginati: la rivoluzione dell’amore, la rivoluzione della tenerezza.

Dal presepe, Gesù proclama, con mite potenza, l’appello alla condivisione con gli ultimi quale strada verso un mondo più umano e fraterno, dove nessuno sia escluso ed emarginato.

Sta a noi, a ciascuno di noi, promuovere una nuova società, una nuova economia, un mondo in cui ogni persona abbia piena dignità, una prossimità ed una solidarietà vissute senza misura, la pace la giustizia come segni inequivocabili di una rinnovata umanità.

Edoardo Barbarossa: