Se vogliamo che tutto rimanga com’è… È cambiato tutto sul piano economico e sociale, perché alla fine non cambiasse nulla, come avvertiva Tancredi rivolgendosi allo zio, Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957), ne Il Gattopardo? «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», esclama, infatti, Tancredi nel romanzo uscito postumo (con Prefazione di Giorgio Bassani) e ambientato in Sicilia all’epoca del tramonto borbonico, che narra la storia di una famiglia della più alta aristocrazia isolana colta nel momento rivelatore del trapasso del regime, mentre già incalzavano i tempi nuovi. Storia che, nel 1963, ispirò l’omonimo film di Luchino Visconti, realizzato con Claudia Cardinale e Burt Lancaster e vincitore della Palma d’oro come miglior film al sedicesimo Festival di Cannes.
Un cambiamento d’epoca. Nei trapassi di regime e di epoca, ce lo ha ripetuto anche papa Francesco nel discorso di Natale 2019 per gli auguri della Curia romana, ridiventano comunque centrali, piuttosto che i cambiamenti, i poveri, primi a riconoscere il mistero dell’Incarnazione: «…quella che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento di epoca. Siamo, dunque, in uno di quei momenti nei quali i cambiamenti non sono più lineari, bensì epocali; costituiscono delle scelte che trasformano velocemente il modo di vivere, di relazionarsi, di comunicare ed elaborare il pensiero, di rapportarsi tra le generazioni umane e di comprendere e di vivere la fede e la scienza».
Paolo VI in landò. Ancora dieci anni dopo il film di Visconti, esattamente in due domeniche dell’anno 1973, ecco un altro cambiamento epocale di tipo socio-culturale: crisi petrolifera mondiale. Dal 2 dicembre 1973 e per tutte le altre domeniche e giorni festivi seguenti, viene disposto lo stop all’uso privato delle auto, allo scopo di poter risparmiare – con le minacce di gravi sanzioni per gli inadempienti – 50 milioni di litri di combustibile per volta. Tutti a piedi, dunque, anche il presidente della Repubblica Leone, che andò a Messa a piedi, e il Papa Paolo VI che, l’8 dicembre successivo, arrivò in piazza di Spagna per l’omaggio alla Immacolata, in un vecchio landò tirato da un cavallo.
Analogo quadro oggi, allorché, in attesa della formazione del nuovo governo, il Ministro per la Transizione energetica ha firmato nuove misure finalizzate al risparmio energetico; in pratica, riduzione delle temperature e del periodo di accensione dei riscaldamenti a gas, con la sola esenzione dei luoghi di cura, delle scuole materne e asili nido, delle piscine e saune, nonché degli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e simili per i quali le autorità comunali abbiano già concesso deroghe ai limiti di temperatura dell’aria, oltre che agli edifici che sono dotati di impianti alimentati prevalentemente a energie rinnovabili.
Continuava così la cronaca di quel 1973 nel sito vaticano: «Paolo VI si reca, nel pomeriggio, in una semplice carrozzella trainata da un cavallo, in piazza di Spagna, ivi accolto ed acclamato, come nell’intero percorso, da eccezionale moltitudine di fedeli. Ecco la sua breve preghiera. “O Signore misericordioso, ascolta ed esaudisci questa tua famiglia in preghiera: accordaci lo spirito di penitenza, di conversione e di riconciliazione che ti domandiamo per questo Anno Santo: affinché, cercandoti in ogni giorno della nostra vita, e sostenuti dalla preghiera di Maria, Vergine Immacolata e nostra Madre, possiamo avere la felicità di giungere fino a te”».
La tiara ai poveri. Nessun cenno, nel discorso pontificio, alla crisi energetica, ma quella carrozzella trainata da un cavallo, parlava chiaro: era ormai inaugurato lo stile della sobrietà in una società tendenzialmente opulenta. Del resto, nel 1963, quando Giambattista Montini era salito sulla cattedra di Pietro, si seguiva ancora l’usanza che i Papi, al termine della santa messa con la quale cominciavano ufficialmente il ministero petrino, venissero solennemente incoronati con la tiara sopra il capo, come cantava la Cappella Sistina. Sarà, quella, l’ultima volta che il cardinale diacono proclamerà il Papa padre dei principi e dei re, ponendogli sul capo la tiara adornata di tre corone (padre dei potenti, reggitore del mondo, vicario in terra del Salvatore celeste): «Accipe tiaram tribus coronis ornatam, et scias Te esse patrem principum et regum, rectorem orbis, in terra vicarium salvatoris Jesu Christi, cui est honor et gloria in saecula saeculorum». Il 13 novembre 1964 nell’aula di un concilio ai suoi ultimi tratti di cammino, si compie un passo importante nella storia della Chiesa più recente, come informa in aula il cardinale Pericle Felici e come viene riportato dal sito della santa Sede. Paolo VI, infatti, «fece dono della propria (tiara) ai poveri, rinunciando pertanto al suo uso e sostituendola con la mitra, quindi soppresse anche la carica e la denominazione di Custode dei sacri triregni, allorché provvide al riordinamento della Casa Pontificia in forza del motu proprio Pontificalis Domus del 28 marzo 1968 (AAS, LX [1968], pp. 305-315)».
Non si tratta di pauperismo in risposta alle crisi energetiche ricorrenti, ma di sobrietà. Non è un gesto ad effetto. È Vangelo, come lo stesso Papa Paolo VI dichiara nell’omelia della Messa dell’aurora di Natale, celebrata nella parrocchia romana di san Raffaele arcangelo: «Chi sono stati i primi a incontrare Gesù? A chi ha riservato Egli il primato, la preferenza della sua amicizia, del suo incontro, della sua comunicazione? Alla gente povera, alla gente del lavoro, alla gente umile. Non è andato a chiamare i grandi, i filosofi, i potenti, i ricchi, benché pur essi invitati; ma i primi sono gli uomini semplici, comuni, il popolo». Tra i grandi Messaggi di chiusura del Concilio ecumenico Vaticano II, resta perciò memorabile quello «tutto speciale» che san Paolo VI rivolge appunto ai poveri, ai malati e a tutti coloro che soffrono, sintetizzando quella che denominava la scienza cristiana della sofferenza: «O voi tutti che sentite più gravemente il peso della croce, voi che siete poveri e abbandonati, voi che piangete, voi che siete perseguitati per la giustizia, voi di cui si tace, voi sconosciuti del dolore, riprendete coraggio: voi siete i preferiti del regno di Dio, il regno della speranza, della felicità e della vita; siete i fratelli del Cristo sofferente; e con lui, se lo volete, voi salvate il mondo!» (n. 5).
Se la transizione energetica attuale è inevitabile, si tengano comunque presenti i poveri da crisi energetica, essendo ormai in condizione di difficoltà, già dalla seconda metà del 2021, oltre 9 milioni di persone (fonte: Ufficio studi CGIA sugli ultimi dati disponibili del Rapporto OIPE 2020). Non è forse un caso che Ursula von der Leyen abbia ripetuto la frase di Tancredi a Bruxelles il 7 maggio 2021, sostenendo che “è necessario un grande cambiamento per preservare il modello europeo dell’economia sociale di mercato, dopo che la globalizzazione e lo shock pandemico hanno aumentato disuguaglianze sociali, danneggiato le economie e aumentato la povertà”.