Oggi, anche dopo le ultime elezioni amministrative, appare consistente la irrilevanza delle rappresentanze cattoliche in politica, come anche il notevole assenteismo dei cattolici. Occorre, ovviamente, fare eccezione per quei cattolici, sempre di meno in verità, che rappresentano una risorsa di competenze e di iniziative buone, e che risultano sproporzionati, dal punto di vista numerico, a fronteggiare con efficacia quella marea culturale montante che sventola la bandiera dei diritti individuali, propone una libertà slegata dalla verità, una laicità associata alla irrazionalità.
Essi, purtroppo, non appaiono ancora in grado di far prevalere una cultura capace di rimodellare l’attuale sistema istituzionale e comunitario. C’è bisogno di investire in formazione e di canalizzare forze nuove nella partecipazione, per sostenere chi si impegna. Sarebbe una grave omissione se il mondo ecclesiale non si assumesse la responsabilità di questa nuova stagione, superando i tanti protagonismi personali, contribuendo alla formazione delle coscienze e alla selezione di candidati politici per governare la cosa pubblica in spirito di servizio.
Sullo sfondo sta il Paese e la sua domanda di politica nuova. Guardando la varietà e la ricchezza di esperienze, che pure caratterizzano la società civile, sorge la domanda: come favorire un percorso che le metta in comunicazione, come favorire il loro raccordo? In vista del superamento della irrilevanza delle rappresentanze cattoliche, come anche della loro frammentazione, occorre che si lavori alacremente alla generazione di una nuova cultura socio-politica, meno infeudata rispetto ai partiti e meno prona ai meri interessi economici e finanziari: una nuova cultura che si fondi su un umanesimo trascendente, figlio della forza rivoluzionaria che deriva dalla Trinità. La dottrina sociale aggiornata si mostra, a tal proposito, una valida matrice per la generazione di una nuova cultura.