Categories: Editoriale

Potevamo starci noi

Logo Interris - Potevamo starci noi

Logo INTERRIS in sostituzione per l'articolo: Potevamo starci noi

Dinanzi a questi nostri fratelli che hanno tragicamente perso la vita, da un lato bisogna invocare giustizia affinché i veri responsabili abbiano un nome e non accada, come al solito, che finisca tutto in uno sterile scaricabarile. Questa pratica, tipica del nostro Paese, fa davvero ribrezzo, specialmente pensando a tutti quei familiari che all’improvviso hanno perso i propri cari. Ancora non sono stati recuperati tutti i dispersi e già assistiamo alla consuetudine di non volersi assumere responsabilità. Siamo ancora in tempo: la portata della tragedia dovrebbe indurre chi ha un minimo di coscienza ad invertire la rotta evitando di ripetere queste dinamiche all'italiana. Un Paese del G7 che sbandiera di mostrarsi tra le potenze più importanti del mondo e che quindi dovrebbe essere tra i più efficienti, si mostra incapace di intervenire sul marciume di certe infrastrutture che da sempre sollevano interrogativi.

Dall’altra parte dobbiamo vivere con grande rispetto, silenzio e preghiera il tempo del lutto, del dolore e dello strazio per quei tanti parenti che ora dopo ora vengono a sapere che i loro cari erano sul ponte, precipitati senza scampo. La vicinanza a partire da noi italiani deve essere sincera e quindi attenta a non scivolare nelle inutili chiacchiere cui spesso assistiamo e che infrangono le storie senza rispetto, speculandoci o addirittura andando a cercare e inventarsi chissà quale scoop. Noi di In Terris abbiamo scelto di nominare le vittime e mettere le loro storie in evidenza per farci riflettere che su quel ponte, su cui hanno viaggiato tantissime persone, potevamo starci anche noi… E loro siamo noi, dobbiamo sentirci parte di questa umanità uccisa. La nostra preghiera è assicurata così come la solidarietà e poi la speranza che qualcuno sia ancora in vita e si possano salvare coloro che si ritrovano gravemente feriti.

don Aldo Buonaiuto: Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata