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Porre fine al nuovo mercato degli schiavi che fa leva sulle speranze di chi affronta il mare

I trafficanti di esseri umani siano fermati, non continuino a disporre della vita di tanti innocenti. I viaggi della speranza non si trasformino mai più in viaggi della morte!”. Al termine dell’Angelus della scorsa domenica, Papa Francesco è tornato con queste parole sulla strage dei migranti avvenuta il 26 febbraio nelle acque antistanti Crotone.

Il dolore e la preghiera del Pontefice per la morte delle 71 persone stipante su un barcone proveniente dalla Turchia si unisce agli apprezzamenti e la gratitudine espressi alla popolazione locale e alle istituzioni “per la solidarietà e l’accoglienza verso questi nostri fratelli e sorelle”. Francesco ha sempre rinnovato gli appelli alle responsabilità della comunità internazionale e dei governi ma questa volta mette l’accento su un aspetto cruciale dei nuovi fenomeni migratori, ovvero quello delle organizzazioni criminali che lucrano sulla disperazione di intere popolazioni.

Il Papa può dire questo perché la Chiesa è presente nei Paesi di partenza, in quelli di transito e in quelli arrivo con le sue attività di supporto umanitario e spirituale. La rete delle organizzazioni e dei movimenti religiosi cattolici offre sostegno a tutti a prescindere dalla nazionalità e dalla confessione religiosa, si tratta un’attività che porta il clero e i volontari laici a fare esperienza della crudeltà e del cinismo dei trafficanti di uomini. Il Papa con il discorso dopo l’Angelus dal Palazzo Apostolico dice chiaramente che non possono esserci giustificazioni o compromessi con chi depreda, sfrutta, impoverisce e mette a repentaglio la vita di cerca un futuro migliore per sé e per i propri figli.

Per la Chiesa cattolica l’accoglienza è un presupposto imprescindibile così come la ricerca e il salvataggio delle persone che attraversano il mare eppure anch’essa riconosce chiaramente la pericolosità di questo canale dell’immigrazione e dei criminali “che dispongono della vita degli altri”, per questo chiede di fermarlo. Il Santo Padre non ha mai disgiunto il dovere della solidarietà e quello della legalità ed è ben consapevole che l’uno regge l’altro se si vuole perseguire il vero bene comune. Un approccio meramente legalitaristico è destinato a fallire tanto quanto uno fondato solo sull’accoglienza senza se e senza ma.

La repressione dei fenomeni criminosi che permeano le rotte migratorie non spetta però alla Chiesa. Le inchieste giornalistiche ci hanno mostrato i metodi e i volti di queste organizzazioni criminali e le polizie europee sanno bene dove e come operano ma i rari interventi non riescono nemmeno a scalfire il volume di affari dei trafficanti. Bisogna considerare inoltre che gli Stati di partenza dei barconi (principalmente Libia, Tunisia e Turchia) chiudono gli occhi per convenienza, migliore delle ipotesi l’immigrazione illegale diventa per loro un modo per allentare la pressione dei più poveri, nei casi peggiori invece si usano i viaggi dei migranti e le tragedie del mare per fare pressioni politiche sui Paesi Occidentali. Poi ci sono anche le connivenze tra i membri delle istituzioni e i trafficanti. A lucrare sono inoltre le mafie e gli imprenditori senza scrupoli dei Paesi di arrivo, che nell’immigrazione clandestina trovano un serbatoio di manodopera a basso costo da usare nei campi o nei traffici illeciti nelle grandi città. Porre fine a questo nuovo mercato degli schiavi che fa leva sulle speranze di chi affronta il mare è un dovere morale di tutta l’Unione Europea tanto quanto aprire corridoi umanitari per le popolazioni colpite da crisi umanitarie.

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