C’è voluta una legge per definire il principio che sprecare gli alimenti è una cosa che non possiamo permetterci. Una norma – che per la verità va ad inserirsi in un contesto dove già molte aziende stanno operando, donando ai meno fortunati i cibi in scadenza o non utilizzabili – che dovrebbe essere ampliata ad ogni aspetto della vita umana.
Tra gli obiettivi principali della norma ci sono l’incremento del recupero e della donazione delle eccedenze alimentari, con priorità della loro destinazione per assistenza agli indigenti. Importante anche il contributo alla limitazione degli impatti negativi sull’ambiente e all’educazione dei cittadini per diminuire gli sprechi alimentari.
Sembra assolutamente logico non sprecare il cibo, non sprecare l’acqua, non sprecare l’energia. D’altronde siamo tutti sullo stesso pianeta che, come ben sappiamo, non è certo inesauribile. Eppure c’è bisogno di una legge per definire ciò che- come detto – dovrebbe essere lapalissiano.
Dobbiamo chiederci “perché”? Perché se è vero che siamo tutti abitanti del medesimo mondo, ci sentiamo divisi in categorie, principalmente due: i fortunati e i reietti. I primi si crogiolano nel loro status e anzi si gratificano dallo sprecare risorse che per altri sarebbero vitali; un autocompiacimento intriso di egoismo. I secondi sopravvivono finché possono, ma spesso covano un rancore che genera poi in conflitti più o meno visibili, più o meno estesi, ma comunque deleteri per la specie umana.
I primi d’altronde, sono talmente ripiegati su se stessi da non percepire il pericolo per i propri figli, per le generazioni future, alle quali stiamo consegnando un mondo senza regole, immerso nel relativismo più spinto, dominato dei sentimento mordi e fuggi. Dove non c’è spazio per l’altro né per una visione del futuro.
Qualcosa sta cambiando, visto che si inizia a legiferare in tal senso, ed è positivo. Ma dire se ciò sia una vittoria o una sconfitta del genere umano è difficile.