Siamo entrati già, dalla domenica scorsa, nel discorso parabolico del vangelo di Matteo con la bellissima parabola del seminatore.
Il genere letterario parabola viene sempre usato nei vangeli per raccontare del Regno di Dio. Gesù usa questo genere letterario perché il Regno di Dio è qualche cosa di nascosto nella realtà come la vediamo, ma ha una forza del tutto diversa. Le stesse immagini di oggi, granello di senape, lievito nella massa, grano e zizzania esprimono un profilo del Regno dei Cieli essenzialmente dinamico: il granello di senape cresce e diventa pianta, il lievito nascosto nella massa la fa crescere, il grano e la zizzania crescono insieme. Pertanto quando si parla del Regno dei cieli si intende parlare e spiegare il significato del Regno di Dio. Una società alternativa, o meglio nascosta, a quella umana e in quella umana. Spesso si fa fatica a vederla e a leggerla. Una società che sostituisce la rivalità e l’odio con l’amore, il potere con il servizio, l’accumulare per sé con il dono di sé ecc.
Ma veniamo al testo, in esso Matteo ci mette un po’ in guardia nei confronti delle “tentazioni” che possono sfibrare la comunità dei primi credenti; magari non solo quella. Direi le tentazioni che possono sfibrare ogni comunità.
Lasciamo la parabola più famosa, quella della zizzania e del grano, alla fine delle tre, cercando di collegarla con la spiegazione che ne dà Gesù stesso ai suoi discepoli.
Il granello di senape
Iniziamo dalla parabola del granello di senape, ovvero della tentazione dell’inutilità della comunità dei credenti. Molto probabilmente la senape è una pianta che in Palestina cresce spontanea, dato anche il fatto che, avendo un seme veramente piccolo, viene trasportato dal vento e può attecchire e nascere in ogni dove. E può essere raccolta senza una vera e propria coltivazione. Un seme piccolissimo che si moltiplica e cresce. Nel profeta Ezechiele (Ez 17,22-24) il regno futuro era immaginabile ad un ramoscello di cedro:
Dice il Signore Dio:
Anch’io prenderò dalla cima del cedro,
dalle punte dei suoi rami coglierò un ramoscello
e lo pianterò sopra un monte alto, massiccio;
lo pianterò sul monte alto d’Israele.
Metterà rami e farà frutti
e diventerà un cedro magnifico.
Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno,
ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà.
Sapranno tutti gli alberi della foresta
che io sono il Signore,
che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso;
faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco.
Io, il Signore, ho parlato e lo farò”.
Israele è una piccola talea che diventerà un cedro magnifico. Noi credenti non sappiamo fare i conti con la nostra inutilità, vorremmo tutti coltivare un’idea di chiesa grande, gloriosa, e che fa cose grandi e straordinarie. In realtà noi siamo quel piccolo seme che spostato dal vento può attecchire e divenire grande. Dio solamente fa crescere il suo Regno. Ma anche nella sua massima espressione, la comunità dei credenti non sarà mai come un cedro e non attirerà l’attenzione per la sua grandezza, ma sarà importante nell’orto per gli uccelli. D’altro canto Gesù nel vangelo di Matteo aveva già detto: “Non temete voi valete più di molti passeri”.
Il lievito nella massa
Passiamo ora alla parabola del lievito nella massa ovvero la tentazione dello scoramento. Anche noi oggi lottiamo quotidianamente con le molte cose da fare, con mille problemi e corriamo il rischio di scoraggiarci. Tre misure di farina che ci riportano agli episodi di Abramo e di Sara Gen 18,6, di Gedeone Gdc 6,19, di Anna la mamma del profeta Samuele I Sam 1,24. L’efa di farina sancisce un cibo per il mantenimento della promessa fatta da Dio per far crescere e sostenere il suo popolo. Dio mantiene le sue promesse anche quando sembra impossibile non a caso si parla di donne sterili che danno alla luce figli che dovranno far crescere il popolo di Dio quando tutto sembrava far pensare il contrario. La comunità dei credenti non si deve scoraggiare per le difficoltà che il momento storico le crea, bensì si deve nascondere nella massa degli avvenimenti e farli lievitare. O meglio far lievitare dentro la storia un regno di Dio che sembra essere sopraffatto ma che come il lievito continua a crescere.
Il grano e la zizzania
Infine affrontiamo la parabola del grano e della zizzania. Ovvero della tentazione dell’intransigenza. Spesso noi credenti ci sentiamo i migliori degli altri. Siamo allucinati da un senso di superiorità e cerchiamo di combattere chi non si allinea al nostro modo di fare e di pensare. Una comunità intransigente che prende in odio la diversità e tenta in tutti i modi di far fuori chi non è come noi. Ma la parabola ci dice chiaramente che non è un nostro compito sradicare e gettare via chi non sia apparentemente come noi. Stando al racconto, i servi zelanti e intransigenti sono più pericolosi della zizzania stessa. Infatti il Signore si oppone allo sradicamento della zizzania perché il rischio è quello di sradicare anche il grano. L’intransigente spesso non distingue bene e rischia di distruggere anche il bene che è seminato nell’immenso campo del Regno di Dio. Non legge bene il progetto di Dio e i segni dei tempi e, carico dei suoi pregiudizi, rischia di fare dei grandi danni nel popolo dei credenti e nell’umanità in genere.
Per di più i discepoli che si credono vicini a Gesù si sentono spiazzati, perché chiedono la spiegazione della parabola della zizzania e del grano. In base alla spiegazione di Gesù possiamo intanto dire che all’apparenza non c’è una grande differenza tra la pianta della zizzania e del grano. La zizzania una pianta tossica che dà la morte o il grano una pianta buona che, con il suo prodotto, da la vita. Tento una spiegazione. Il Signore Gesù immagina la sua Chiesa capace di vivere in mezzo a combattimenti la cui via di soluzione non è mai l’intransigenza, il giudizio o l’eliminazione degli altri. I servi che vanno dal padrone hanno un dubbio sul padrone stesso infatti gli chiedono se non abbia seminato un buon seme. L’intransigente spesso se la può prendere anche con il Signore. C’è invece un nemico che ha seminato seme cattivo. Allo sviluppo del Regno si oppone un nemico e spesso a quel nemico vorremmo dare una lezione. Ma stare nella comunità cristiana come dei perfezionisti vuol dire che stiamo nel mondo dove il regno cresce senza saper accettare che alcune cose vadano storte. L’intransigenza perfezionista nasce dal dubbio che il serpente antico, qui il nemico, mette in dubbio la bontà dell’azione divina e volendo combattere quello che Dio ha fatto apparentemente storto o sbagliato, vorremmo distruggere tutto e costruire una comunità di credenti secondo la nostra testa. In realtà è agli angeli che spetta l’azione del raccolto e della separazione del grano dalla zizzania. E’ difficile accettare che il bene è sempre un po’ minacciato. Il regno di Dio ha una sua regola. Noi non siamo i mietitori. Il grano e la zizzania si presentano in modo molto simile, hanno una spiga e quindi all’inizio non si distingue bene il grano dalla zizzania. Solo al momento della maturazione la zizzania si distingue dal grano. Solo allora si raccoglierà il grano e si brucerà la zizzania. La regola del regno di Dio è che l’albero, ancora una volta, si giudica dai frutti e non dall’intransigenza del nostro pregiudizio.
In conclusione possiamo affermare: inutilità, scoramento e intransigenza sono i pericoli mortali della comunità di credenti, che invece dovrebbero trasformare questi atteggiamenti in dinamica di piccolezza, di crescita, di accoglienza, di riconoscimento di frutti maturi di bene in tutti gli uomini di questo mondo.