Editoriale

Perché la situazione in Venezuela provoca sconcerto nel mondo civile

La vicenda venezuelana, oltre a provocare sconcerto nel mondo civile, manifesta anche la situazione assai pericolosa che si sta formando nelle democrazie a causa di contraddizioni mai risolte. L’attuale situazione in Venezuela presenta molte analogie con l’Italia del 1924. Ora, nel paese sudamericano, come nel Bel Paese di un secolo fa, a condizionare e rendere illegale il risultato elettorale sono squadre minacciose e violente, brogli, ritorsioni e intimidazioni, unitamente alle certificazioni di validità del voto di organi dello Stato già addomesticati dal regime. Infatti, il Consiglio Elettorale e la Corte di Giustizia, che sono alle dipendenze del Presidente, affermano solennemente la vittoria di Maduro. Tuttavia, gli avversari di Maduro, dati alla mano, hanno reso pubblici elementi probanti della vittoria di Edmundo Gonzales, con file legati a schede elettorali utilizzate che rendono chiari i dati: il Presidente uscente ha ottenuto circa la metà dei voti di Gonzales. 

Mentre si moltiplicano le manifestazioni di piazza in tutto il paese per il cambiamento voluto dagli elettori, il Presidente uscente si comporta come il capo di un regime: arresta e colpisce con l’esercito i manifestanti, minaccia la carcerazione dei capi dell’opposizione. Nel frattempo, aumenta il numero dei governi nel mondo, sia in America del Nord che del Sud, che riconoscono l’elezione di Gonzales. È da notare che i paesi che orbitano nell’area dei paesi autocratici sono comprensibilmente a favore del regime di Caracas. Un caso particolare è il Brasile, propenso insieme al Messico a prendere tempo. Lula, il Presidente della Repubblica brasiliana, noto per mantenere rapporti stretti con Russia e Cina, sembra indeciso su quale posizione prendere. L’imbarazzo è forte, come lo è per molti partiti progressisti nel mondo che, nell’avvento di Chavez a Caracas 25 anni fa, videro l’affermazione di una forza progressista, nonostante il degrado economico e sociale e l’assenza di diritti sociali, civili e democratici. In Italia, ad esempio, se ne parla poco. Al massimo, si lanciano appelli per chiedere di non reprimere le proteste di piazza. 

E poi si dice che i cittadini si allontanano dalla politica. A ragione, ci si proclama paladini della democrazia e di fronte a questi casi si resta in silenzio. Si propugnano diritti civili e si ignora la situazione degli arresti di giovani e donne che lottano contro il regime medievale di Teheran, e nel Medio Oriente si confondono carnefici con vittime. Come nella triste storia dell’Ucraina, dove si impongono vincoli a perimetri mai valicabili alla reazione di chi è aggredito e mai all’aggressore che scavalca ogni legge internazionale di convivenza pacifica. Se nel mondo non si allineano i principi professati con i comportamenti reali, l’ambiguità che ne risulta si trasforma in un facile propellente per i paesi canaglia e autocratici in generale, per far tornare indietro le lancette della storia. 

Raffaele Bonanni

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