Il formidabile progresso della ricerca biomedica negli ultimi 50 anni, non solo in campo diagnostico e terapeutico ma anche e soprattutto etiopatogenetico (cioè delle cause e dei meccanismi di sviluppo) delle malattie, ne ha evidenziato l’estrema varietà tipologica. Oggi, quando parliamo di tumori ad esempio, sappiamo che è molto diversa la tipologia di rischio di un tumore del sangue e di un tumore solido e, fra questi, quanto è differente il tumore del seno da quello del pancreas o del polmone. Così si sono sempre più differenziate e precisate categorie di malattie, raggruppate per caratteristiche comuni, non tanto per la comune sintomatologia (cioè da come si manifestano) ma per il peculiare radicamento sociale ed emotivo.
Così accade per le malattie rare, definite internazionalmente da una “prevalenza” (percentuale di presenza nella popolazione generale) bassa, dell’ordine dello 0,05%, cioè presenti in un caso ogni 2.000 persone o 5 casi ogni 10.000 persone. Si tratta di malattie più frequentemente su base genetica (nel 50% circa dei casi) per lo più congenite e pediatriche (nell80% dei casi). La loro identificazione è complicata, la loro gestione delicata e costosa, la loro prognosi, solitamente grave, determina sempre una riduzione della qualità di vita e della speranza di vita media. Per questi motivi le malattie rare non sono inserite fra le priorità nei Piani sanitari nazionali e suscitano scarso o nullo interesse per la ricerca farmacologica a produrre farmaci commercialmente poco appetibili, cioè destinati a restar farmaci orfani di mercato. Per i quali unicamente la pressione di associazioni di pazienti hanno ottenuto Regolamenti ad hoc di facilitazioni alla produzione e al commercio.
In Europa Eurordis (European Organization for Rare Diseases) stima un coinvolgimento molto elevato fra il 6% e l’8% della popolazione, con un numero di malati rari di 25-35 milioni, di cui fra il 2.5% e 3,5% in Italia. Fra le malattie rare si annoverano anche alcune di origine infettiva e/o ambientale. In questi casi, pur essendo definita “rara”, una malattia non sarà tale in particolari zone geografiche, potendo in queste essere addirittura iperendemica (cioè interessare molta o la più parte della popolazione).
In effetti le malattie infettive rare sono caratterizzate non tanto dalla bassa “prevalenza” ma dalla presenza di peculiari condizioni di trasmissione. Per intenderci, una malattia come la malaria o in genere una infezione che per trasmettersi necessita di un vettore e/o di un serbatoio (cioè di portatori di infezione) sarà assente in assenza di questi nell’ambiente. Lo stesso dicasi per malattie a trasmissione oro-fecale, ad esempio il colera, la cui “prevalenza” sarà condizionata dalle misure igieniche di smaltimento delle feci umane e dal lavaggio delle mani. Lo stesso ancora dicasi per le malattie a trasmissione respiratoria, ad esempio la tubercolosi, che sarà funzione largamente della situazione abitativa e della possibilità di distanziamento fra le persone. E così dicasi ancora per le infezioni a trasmissione sessuale che saranno condizionate dal comportamento sessuale promiscuo in determinati gruppi di popolazione.
Queste condizioni di precarietà epidemiologica si trovano concentrate nella fascia tropicale (Africa, Asia, America Latina) del pianeta e per esse è stato coniato un raggruppamento ad hoc: Negletted Tropical Diseases, acronimo NTD, per indicare un gruppo di malattie che hanno come comune caratteristica di essere correlate alla povertà, al disagio sociale, alla marginalizzazione da un lato e dall’altro al difficoltoso accesso ai servizi di assistenza sanitaria. Si stima che interessino circa 1.5 miliardi di persone nel mondo e siano responsabili globalmente di mezzo miliardo di decessi.
L’O.M.S. ha redatto una lista ufficiale di 21 NTD (tutte infettive salvo una: morso di serpente) causate da parassiti (schistosomiasi, geoelmintiasi, filariosi linfatica etc.), protozoi (tripanosomiasi: malattia di Chagas, malattia del sonno; leishmanioni: cutanea e viscerale etc.), batteri (lebbra, trachoma etc.), funghi (micetoma, cromoblastomicosi etc.) e virus (Dengue, Chicongunya, Ebola etc.). Tuttavia è questa una lista aperta e in divenire: ad es. si discute se includervi la poliomielite e la leptospirosi e anche alcune virosi divenute di particolare interesse poiché ormai presenti anche fuori dall’ambiente tropicale, principalmente a causa dei cambiamenti climatici (Zika, West Nile Fever, M-pox etc.) e altre ancora oggetto di sorveglianza speciale in quanto passibili di rischio pandemico (Influenza aviaria in primis).
In realtà la più parte delle malattie endemo-epidemiche tropicali potrebbero per esteso rientrare, in qualche misura, fra le malattie neglette: o perché oggetto di scarso interesse globale e di ridotti investimenti (ad es. le parassitosi) o perché, pur oggetto di interesse e cospicui investimenti, questi sono largamente insufficienti a fronte della vastità delle persone affette. A questo proposito si discute, “provocatoriamente”, se includere nella lista addirittura le due malattie “regine” delle aree tropicali: malaria e tubercolosi che, per quanto destinatarie di ampie risorse, non ne ricevono in quantità sufficiente ad assicurarne il controllo e l’estinzione. In sostanza la lista di NTD vuole indicare le situazioni estreme e segnalarne le priorità per la destinazione di risorse.
L’interesse attuale per questo gruppo di malattie si rappresenta sotto molteplici aspetti: Alcune sono “sorvegliate speciali”. Rappresentano inattese novità nel panorama epidemiologico poichè sono uscite dallo stretto ambito tropicale e si ritrovano presenti anche nelle zone temperate. Le cause sono da ricercare fra i cambiamenti climatici che hanno determinato l’adattamento dell’habitat dei vettori, le migrazioni e l’overturism, che hanno rimescolato le popolazioni del pianeta. Dengue ne è principale esempio. Altre sono oggetto di sorveglianza speciale come possibili spie dell’emergenza di pandemie, ad esempio per salto di specie (spillover), plausibile negli allevamenti intensivi di pollame, di suini etc. o in luoghi remoti di promiscuità animale-uomo. Di queste l’Influenza aviaria da una parte ed Ebola dall’altra rappresentano i principali sospetti. Altre sono ignorate, neglette, poiché legate a condizioni di estrema precarietà igienica e destinatarie di farmaci obsoleti o orfani. Parassitosi e trachoma ne rappresentano esempi. Altre, infine, pur molto attenzionate, soffrono di un deficit relativo di risorse sia per la vastità del problema che rende inadeguato ogni intervento in atto, sia per lo scarso interesse commerciale, data la povertà delle popolazioni interessate. Malaria e Tubercolosi ne sono indubbiamente clamoroso esempio. I casi di NTD, stimati annualmente circa mezzo miliardo fra il 2020 e il 2021, sono stati inclusi dall’O.M.S. fra gli Obiettivo di Sviluppo Sostenibile, con raccomandazione di eliminazione entro il 2030. Questo traguardo sarà realisticamente raggiungibile? Verosimilmente no ma è importante poiché indica la direzione di marcia. Intanto nel biennio le NTD sono diminuite del 25% con una riduzione annuale di ben 80 milioni di persone affette.
Che significa in definitiva dedicare una giornata mondiale al sostegno delle malattie rare, delle malattie neglette, alla lotta contro il cancro, contro l’AIDS? Significa gettare un fascio di luce ad illuminare condizioni angosciose e rimosse, significa chiamare a raccolta gli uomini di buona volontà a condividere almeno una piccola parte dei loro privilegi in favore dei poveri, dei diseredati, di chi è malato e vive ai margini. Mai come oggi tante risorse sono in mano a poche persone, pochi oligarchi posseggono enormi ricchezze (si stima che il 90% delle ricchezze siano in mano al 10% della popolazione). Che usano per accrescerle, per fare soldi con i soldi, con qualsiasi mezzo e fine.
Le guerre distruggono le città con un occhio rivolto al business della ricostruzione e nessuna organizzazione sovranazionale (neppure l’ONU) è in grado di arrestarle. In pochi giorni di guerra si polverizzano risorse che basterebbero ad alleviare dalla fame, dalle povertà estreme. La voce del Santo Padre predica incessantemente, unica e dolente, l’appello alla pace, senza se e senza ma. La sua voce risuona nel deserto delle coscienze dei potenti della terra. Oggi il mondo si dà come regola di abolire ogni regola e viene regolato semplicemente dalla forza. Noi siamo testimoni dell’altra faccia dell’umanità, non siamo ricchi ma se fossimo uniti, se vedessimo chiaro, non abbagliati dalla propaganda, ci renderemmo conto di essere forti, una enorme maggioranza. E soprattutto dobbiamo prendere coscienza di essere dalla parte giusta della storia!