Editoriale

Perché è fondamentale esercitare il diritto di voto

Sui giornali di questi giorni, non si fa altro che parlare di chi si è candidato alla Camera dei Deputati o al Senato della Repubblica. Si scrive di quelli non chiamati a candidarsi e di quelli che pur chiamati non hanno inteso accogliere la proposta. Poi ci sono state anche persone a cui si è offerto un collegio sicuro e di quelli che non hanno alcuna speranza perché nel loro collegio ci sono partiti più forti del suo. Ci sono stati anche tanti candidati spostati da una regione all’altra, nonostante le proteste di chi doveva accoglierli, e tanti ancora che giorni prima, ore prima, i partiti prima di presentare le liste per candidarli hanno cambiato bandiera e magari anche schieramento. Insomma tanto trambusto: un via vai frenetico, come in una fiera.

In questa situazione caotica, e per certi versi buffa e senza senso, è normale non porsi il problema delle gravi anomalie che da tempo interessano il nostro sistema politico? Si sa, per i partiti politici la selezione dei candidati per la elezione delle assemblee elettive è il momento culmine del loro cruciale compito per il funzionamento della Democrazia, e rappresenta in definitiva la cifra della loro affidabilità e nel contempo anche il presupposto principe per la coesione di una comunità locale o nazionale. Eppure dai vecchi ai nuovi partiti che continuano a nascere, non vengono segnali di una loro consapevolezza riguardo ai danni potenziali e reali provenienti dalla disarmante e dolosa selezione sensata della classe dirigente.

Lo spettacolo a cui abbiamo assistito ancora una volta, è la conseguenza del potere assoluto di cui i capi partito dispongono, che permette loro di inserire a loro piacimento candidati nelle liste di un territorio o di un altro a loro piacimento; non importa se iscritto al partito da tempo o da un minuto prima della candidatura, e di porli nella lista far farli eleggere senza che gli elettori lo conoscano. Si sostituiscono dunque agli elettori defraudandoli del diritto di scegliere il candidato del proprio territorio che conoscono e di cui possono fidarsi. Possono anche ricorrere al trucco di collocare al primo posto in lista un candidato conosciuto, per far transitare tra gli eletti successivamente il secondo candidato con propria rinuncia, scegliendo un altro collegio che lo ha anch’esso premiato.

Insomma questo sistema ormai collaudato fa ben comprendere del perché assistiamo alla dequalificazione della classe politica, del perché cresce il numero degli elettori che non vota, del perché i cambi di casacca nel corso della legislatura sono diventati un fenomeno abnorme, del perché nascono partiti e partitini in continuazione, del perché dilaga il populismo. Ma con un sistema politico così impastato, si capisce anche il perché recentemente una delle personalità più apprezzate nel mondo venga defenestrato senza alcuno scrupolo, al prezzo di un indebolimento grave della credibilità italiana al cospetto internazionale ed al prezzo di danni economici e sociali altissimi.

Taluni di fronte a questa situazione potranno pensare che allora è consigliabile non votare? Ma si sbaglia. Il non voto andrebbe a confermare l’attuale sistema. Ed allora si voti chi è culturalmente più lontano al bipolarismo attuale, e soprattutto si prepari a far crescere nella società civile gli anticorpi al degrado. Infatti sono convinto che quello che accade è la conseguenza dell’assenza di bilanciamenti sociali e culturali nella attuale società italiana che da troppo tempo lasciano correre quello che possiamo definire l’avvelenamento del sistema democratico italiano.

Raffaele Bonanni

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