A Pentecoste si compiono le parole dette da Gesù nel Cenacolo, il giorno prima di morire: “io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre…Lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,16.26). E Luca “dipinge” l’evento: un fragore di vento, lingue come di fuoco che si posarono su ciascuno…”e tutti furono colmati di Spirito Santo” (At 2,4). Per questo, Pentecoste non è solo la pienezza di Pasqua, ma indica il tutto della vita cristiana, perché il senso della vita cristiana è diventare uomini spirituali.
E il linguaggio del Concilio ci fa subito intuire la bellezza e la freschezza di questa prospettiva: “Questi è lo Spirito che dà la vita, la sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna…Lo Spirito, con la forza del Vangelo fa ringiovanire la Chiesa, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo” (LG n. 4).
Per questo, amo molto la festa di Pentecoste: perché ci dice, sempre di nuovo, che c’è un tempo (ed è questo!), e c’è un dono (ed è lo Spirito del Risorto!) che permettono alla Chiesa di ritrovare la freschezza del primo amore: quando i discepoli hanno lasciato la barca e le reti e hanno seguito Gesù, quando sono usciti dal Cenacolo parlando lingue nuove, quando i santi (penso in queste settimane ad Armida Barelli e Charles de Foucauld) hanno inventato modi nuovi per vivere il vangelo…
“C’è un tempo per nascere e un tempo per morire…Un tempo per la guerra e un tempo per la pace” (Qo 3,2.8): è questa Pentecoste il tempo che ci è dato per rinascere, il tempo opportuno per la pace! Perché il soffio dello Spirito dona vita anche dove c’è morte: “ecco, io faccio entrare in voi il mio Spirito e rivivrete” (Ez 37,5). La logica mondana e l’idolatria della guerra si oppongono alla novità dello Spirito; ma nemiche dello Spirito sono anche le nostre abitudine stanche e prassi pastorali che ormai sono come gusci vuoti…Ecco perché siamo chiamati a invocare: “luce d’eterno chiarore, facci conoscere il vero; svela bellezza e bontà ai pellegrini nel tempo. Se tu abiti in noi, restiamo nel Padre e nel Figlio, icona è l’uomo nel tempo, in attesa del Giorno senza tramonto”.
Sento che in questa Pentecoste siamo invitati, proprio come Chiesa, a ricominciare con più vigore e passione il cammino, nella consapevolezza che (nonostante tutto e nonostante la nostra durezza di cuore!) siamo meglio di quello che sembra, perché il Signore non abbandono i suoi amici e una nuova stagione di impegno potrà contrastare la banalità e l’accidia, come scriveva Bonhoeffer, in tempi ben più drammatici dei nostri: “Chi resiste? Solo colui che non ha come criterio ultimo la propria ragione, il proprio principio, la propria coscienza, la propria libertà, la propria virtù, ma che è pronto a sacrificare tutto questo quando sia chiamato all’azione ubbidiente e responsabile, nella fede e nel vincolo esclusivo a Dio: l’uomo responsabile, la cui vita non vuol essere altro che una risposta alla domanda e alla chiamata di Dio. Dove sono questi uomini responsabili?”.
La sera di Pentecoste, gli apostoli sono diventati, probabilmente senza nemmeno rendersene conto, quegli uomini responsabili evocati da Bonhoeffer, e hanno avviato –una volta per tutte!- una storia nuova. Adesso tocca a noi, se ci lasceremo cambiare dal vento dello Spirito, continuare il loro cammino, e sognare/costruire il volto di una Chiesa fraterna e sinodale.
Proprio nella Pentecoste dello scorso anno, abbiamo cominciato a Savona il Sinodo diocesano, sul tema: “Chiesa di Savona, prendi il largo, confidando…”. E ora tutta la Chiesa è chiamata da Francesco a percorrere con coraggio sentieri di cambiamento. Ho speranza, e sono convinto lo Spirito darà anche oggi giovinezza nuova alla Chiesa. Perché non si tratta di risistemare la Chiesa, come se fosse un’azienda in crisi, o di ridefinire ruoli o poteri: sarebbe pelagianesimo, e mondanità spirituale. Si tratta invece di convertirci al Signore, che ci invita a scendere nel profondo di noi stessi, per riascoltare “la voce dello Spirito, che risuona silenziosamente all’orecchio del cuore” (Gregorio Magno). La Pentecoste del 2022 viene allora proprio…al momento giusto, e il dono dello Spirito ci prenderà per mano e ci farà incontrare incontrare di nuovo il Signore Gesù, rivelatore del Padre, e, in lui, i Fratelli tutti, “di ogni nazione, tribù, popoli e lingua” (Ap 7,9), credenti e non credenti, russi e ucraini, per i quali Gesù ha donato lo Spirito, che è la sua Vita.