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Parlamentarizzare la crisi di governo: un percorso necessario

D’accordo la questione è tutta politica. Del resto la scelta stessa di parlamentarizzare la crisi di governo, anche se passando dall’istituto delle dimissioni e non del voto di sfiducia, simile a quello che facevano i cesari al Colosseo con i gladiatori quando chiedevano il verso del pollice, non è solo un percorso obbligato, ma necessario. Serve a dare colpe e ragioni, a mettere tutti di fronte alle proprie responsabilità, dovendone rispondere al Paese. Al quale nessuno ha spiegato esattamente perché sia avvenuto tutto questo: dimissioni del premier, Mario Draghi, e relativa crisi di governo. Con il capo dello Stato, Sergio Mattatella, ostinato nel cercare una soluzione, respingendo le dimissioni.

Certo la storia repubblicana insegna come quella strada non sia mai facile, Prodi cadde per mano di Bertinotti, quando imboccò lo stesso sentiero, ma visto il quadro generale altro non è dato. Cosa accadrà, dunque? Il Draghi bis è molto probabile, ma non certo. Il voto anticipato è possibile, ma non sicuro. Anzi. Per comprendere meglio quest’ultimo passaggio affidiamoci ai numeri. La crisi di governo, a meno di colpi di scena o dell’arrivo di un rapido Draghi bis, costerà all’Italia decine e decine di miliardi di euro. Ci sono provvedimenti da fare già questo mese che rischiano di saltare, il Piano nazionale di ripresa e resilienza da portare avanti e Piazza Affari che, già instabile, rischia una sorta di breakdown. Gli analisti, molto preoccupati, fanno notare come, in un momento in cui la tensione sui mercati era già alta, vista la pressione sui prezzi del gas, la debolezza dell’euro sul dollaro e le turbolenze geopolitiche che avvicinano lo spettro della recessione, Piazza Affari può scivolare in modo ancor più pericoloso. A meno di inattese svolte dell’ultim’ora, nei prossimi giorni è lecito aspettarsi altre decine di miliardi di capitalizzazione persi in Borsa.

Nel frattempo sono in bilico, per usare un eufemismo, quasi 40 miliardi che il governo avrebbe dovuto spendere da qui a fine anno. Se vi sembra un quadro rassicurante, staccare pure la spina, sembrano voler dire gli addetti ai lavori al Movimento 5 Stelle e a Giuseppe Conte, pilota della rottura. Non solo. L’Europa, viste le turbolenze, potrebbe fermare le macchine e bloccare il Pnrr. Ufficialmente Bruxelles non commenta, ma il silenzio pesa più di mille parole. E uno stop ai fondi speciali, per l’Italia sarebbe un danno epocale. Probabile un Draghi bis quindi? Possibile. Tutto dipende da come si muoveranno Lega, Forza Italia e Pd. La prospettiva dei tempi supplementari, evocata da Giorgetti, non è affatto il peggiore dei mali. Chiunque sia al comando c’è bisogno di traghettare il Paese verso lidi meno pericolosi.

La posizione del Partito Democratico, per esempio, non cambia: avanti tutta con il governo Draghi e la maggioranza che lo ha sostenuto. Ma per i dirigenti dem l’obiettivo sembra più complicato da raggiungere. L’appello alla responsabilità fatto dal segretario Enrico Letta a “tutti fuoco i partiti” non sembra al momento aver colto nel segno, perché dai partiti alla destra del Pd arriva uno sbarramento fatto di insulti e invettive contro il partito di Giuseppe Conte. Lega e Forza Italia, con una nota congiunta, ribadiscono che l’unica strada è il Draghi Bis senza il M5s, sul quale “non si può più contare”.

Nel frattempo Giuseppe Conte, prova a tessere nuove trame. Nella sede del M5s, dopo la mancata fiducia al governo sul dl aiuti e le conseguenti dimissioni del premier Mario Draghi, il capo politico dei grillini cerca la strada da seguire. Occhi puntati, dunque, a mercoledì prossimo, giorno in cui il presidente del Consiglio si ripresenterà alle Camere per valutare se vi siano i margini per proseguire o se la sua esperienza a Palazzo Chigi sarà da considerarsi ufficiali conclusa. Uno dei temi principali, è che posizione assumerà il M5s, ovvero se Conte e i suoi disposti siano disposti ad assumere atteggiamento simile ad un dietro-front e garantire una forma di sostegno all’esecutivo guidato da Draghi, o se la chiusura è da considerarsi insanabile. In quest’ottica, è rilevante stabilire se la delegazione governativa del Movimento resterà al suo posto fino alla verifica parlamentare, o se ci saranno le dimissioni. Il tema da svolgere è esattamente questo, come testimonia il faccia a faccia di Conte coi suoi ministeri ei dirigenti di M5s. Draghi, dal canto suo, ha ridotto ad un solo giorno, invece di due, la missione ad Algeri. Inizialmente il viaggio, in occasione del forum intergovernativo Italia-Algeria, prevedeva la presenza del premier lunedì e martedì prossimi, ma vista la situazione, è stato deciso di limitare la presenza di Draghi solo a lunedì. Il rientro a Roma è previsto già nella serata. Mercoledì, peraltro, il premier è atteso alla Camere, per le comunicazioni sulla crisi politica. Lunedi le conferenze dei capigruppo di Camera e Senato definiranno orari e modalità della verifica parlamentare sul Governo. E già lì, forse, capiremo qualcosa di più.

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