Editoriale

Il viaggio della fratellanza: il Papa nel “Tunnel dell’Amicizia”

Alla celebrazione nella memoria di Santa Teresa di Calcutta nello stadio Gelora Bung Karno, il Papa ha esortato il popolo indonesiano “a seminare amore, a percorrere fiduciosi la strada del dialogo. A praticare ancora la vostra bontà e gentilezza col sorriso tipico che vi contraddistingue. Vi hanno detto che voi siete un popolo sorridente? Non perdete il sorriso per favore. Siate costruttori di pace. Siate costruttori di speranza”. Il Papa in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est e Singapore. Francesco affronta a quasi 88 anni il viaggio più lungo del pontificato: 12 giorni di durata e 33 mila chilometri di percorrenza. Due settimane di visita apostolica tra Asia e Oceania per rilanciare il dialogo e la coesistenza pacifica tra fedi diverse. La ricerca di armonia in una molteplicità di culture. La custodia del creato minacciato dalla crisi climatica. La vicinanza e il sostegno a Chiese giovani e minoritarie.

La moschea Istiqlal a Giacarta, in Indonesia. Foto di Mosquegrapher su Unsplash

“Ai tanti segnali di minaccia, ai tempi bui, contrapponiamo il segno della fratellanza che, accogliendo l’altro e rispettandone l’identità, lo sollecita a un cammino comune, fatto in amicizia, e che porta verso la luce“, ha detto a Giacarta il Papa. Alla Moschea Istiqlal Francesco ha partecipato all’incontro interreligioso ed è stato accolto al suo arrivo dal grande imam, Nasaruddin Umar. Insieme i due leader religiosi hanno visitato il “Tunnel dell’Amicizia” che collega la Moschea alla Cattedrale cattolica di Nostra Signora dell’Assunzione. Il grande Imam ha rivolto al Papa il suo saluto di benvenuto. Poi la lettura e la firma della “Joint Declaration of Istiqlal 2024”, una dichiarazione congiunta su principi e valori comuni. Secondo Jorge Mario Bergoglio e l’imam, il fenomeno globale della disumanizzazione è caratterizzato soprattutto da violenze e conflitti diffusi, che spesso provocano un numero allarmante di vittime. È particolarmente preoccupante, per Francesco e Nasaruddin Umar, che la religione sia spesso strumentalizzata in questo senso. Causando sofferenze a molti, soprattutto donne, bambini e anziani.

Foto di wal_172619 da Pixabay

“Il ruolo della religione, tuttavia, dovrebbe includere la promozione e la salvaguardia della dignità di ogni vita umana“, si legge nel primo punto della dichiarazione. Il secondo sottolinea invece come “l’abuso del creato, che è la nostra casa comune, da parte dell’uomo, ha contribuito al cambiamento climatico. Comportando conseguenze distruttive come i disastri naturali, il riscaldamento globale e condizioni meteorologiche imprevedibili. L’attuale crisi ambientale è diventata un ostacolo alla convivenza armoniosa dei popoli“. Per questo i responsabili religiosi auspicano che “i valori condivisi dalle nostre tradizioni religiose” siano “promossi efficacemente per sconfiggere la cultura della violenza e dell’indifferenza che affligge il nostro mondo”. Esprimere “vicinanza” alle comunità cattoliche locali e allo stesso tempo costruire “unità” nell’ottica di una riforma della Chiesa cattolica. Ma senza tralasciare anche gli aspetti geopolitici di un continente diventato “campo di battaglia” tra Cina, Stati Uniti e Australia. Michel Chambon, teologo ed antropologo francese, è research fellow presso la National University of Singapore, indica quelli che sono gli obiettivi principali del lungo viaggio apostolico di papa Francesco.

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L’intenzione è quella di costruire una vicinanza tra il Papa e i cattolici locali. Non è sempre facile per Francesco farsi capire. Nel suo sforzo di riformare la Chiesa cattolica nei diversi angoli del mondo, inclusa l’Asia, ci sono alcune voci alternative che premono contro parte del suo programma di riforma. E “quindi recarsi in questi quattro Paesi significa anche, ovviamente, costruire unità”, spiega all’Adnkronos l’esperto di cristianesimo in Asia. Il Papa vuole anche “sostenere” le comunità cattoliche locali nel loro contribuito allo sviluppo delle loro società “sia sotto l’aspetto dell’economia, della lotta alla corruzione e della ricerca di uno sviluppo più sostenibile che, naturalmente, quando si tratta di coesistenza e armonia interreligiosa“. Secondo Chambon, dunque, il fine del viaggio del Pontefice è sostenere e spingere il cattolicesimo locale verso una certa direzione. Ad aprirsi al resto della società. A non prendersi cura solo del proprio benessere, ma ad impegnarsi sui temi di principale attualità e dare un contributo

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Il Pontefice ha ringraziato “tutti coloro che operano convinti che si possa vivere in armonia e in pace. Consapevoli della necessità di un mondo più fraterno”. E ha aggiunto: “Auspico che le nostre comunità possano essere sempre più aperte al dialogo interreligioso. E siano un simbolo della coesistenza pacifica che caratterizza l’Indonesia”. E ha ammonito: “Che nessuno ceda al fascino dell’integralismo e della violenza, che tutti siano invece affascinati dal sogno di una società e di un’umanità libera, fraterna e pacifica”.  L’Indonesia è “un grande Paese, un mosaico di culture, di etnie e tradizioni religiose. Una ricchissima diversità, che si rispecchia anche nella varietà dell’ecosistema e dell’ambiente circostante. E se è vero che ospitate la più grande miniera d’oro del mondo, sappiate che il tesoro più prezioso è la volontà che le differenze non diventino motivo di conflitto ma si armonizzino nella concordia e nel rispetto reciproco. Non smarrite questo dono!. Non impoveritevi mai di questa ricchezza così grande, anzi, coltivatela e trasmettetela soprattutto ai più giovani“. 

 

Giacomo Galeazzi

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