Secondo Francesco anche gli strumenti attuali di comunicazione aiutano. In quanto “possono e devono essere al servizio di una partecipazione reale e non solo virtuale alla vita concreta della comunità”. Essere monaci di stretta osservanza non è in contraddizione con il principio della “Chiesa in uscita”. Un monaco che prega nel suo monastero “fa la sua parte” nel portare il Vangelo in quella terra. Nell’insegnare alla gente che vive lì che “abbiamo un Padre che ci ama”. E in questo mondo “siamo in cammino verso il Cielo”. Si chiede Francesco: “Come si può essere Cistercensi di stretta osservanza e far parte di ‘una Chiesa in uscita’? In cammino. Ma è un cammino di uscita”.Francesco è molto impegnato a favore dell’ecumenismo. E coi suoi predecessori condivide lo speciale interesse per le Chiese ortodosse. In particolare con san Giovanni XXIII, che era stato nunzio in Bulgaria. E con Benedetto XVI. Il dialogo con gli ortodossi riusciva oggettivamente meno facile a un Papa polacco come Giovanni Paolo II. E ciò per ragioni storiche che riguardano la Polonia. Nazione che è sempre percepita come baluardo di latinità contro l’espansione ortodossa che partiva dalla Russia. C’è una forte continuità con i Papi del quando sentiamo Francesco descrivere il vero ecumenismo. Da non confondere con il relativismo e il sincretismo. Un avvicinamento che ha portato allo storico abbraccio a Cuba tra Jorge Mario Bergoglio e il patriarca di Mosca. Più che una novità è la continuazione, con la stessa tenacia, di tutto il movimento ecumenico. L’indirizzo che il Concilio Vaticano II ha rafforzato con i suoi documenti. Ne è una conferma il cambio di atteggiamento e di linguaggio verso gli ebrei. Verso le Chiese non cattoliche. E anche verso i musulmani e i fedeli di altre religioni. Riconoscendo “semi del Verbo“, cioè elementi di verità e di bontà, anche nella loro fede. Le radici conciliari del pontificato di Francesco si ritrovano anche nella povertà che è al centro del Vangelo. E in un filone di testimonianza mai interrotto nella storia della Chiesa.Emerge costantemente la pastoralità dell’azione di Francesco. E lo sforzo del dialogo con il mondo moderno. E anche con i lontani. Che alle volte sembrano apprezzarlo più di alcuni più vicini o vicinissimi. Attanagliati dalle stesse paure degli avversari di Gesù che frequentava pubblicani e stranieri. E accettava gesti di venerazione da prostitute. Francesco testimonia una Chiesa che si preoccupa più degli altri che di se stessa. In dialogo prima di tutto con i fratelli separati. Benedettini. Francescani. Gesuiti. Ogni movimento religioso ha sempre posto la povertà come fondamento della propria spiritualità. E la La misericordia è l’attuazione della Scrittura. E’ lo slancio che porta a Dio. E quello che conduce al prossimo. Sia come singolo. Sia nelle strutture sociali che l’umanità ha creato. E’ ciò che il Vangelo e il Concilio documentano. E invece la tentazione è da sempre quella di dividere le due cose. In realtà l’impegno nell’ una è la verifica della bontà dell’altro. Il Papa richiama importanza della fratellanza. In particolare una comunità di vita consacrata può essere “segno del Regno di Dio”. Testimoniando uno “stile di fraternità partecipativa” tra persone reali, concrete. Che, “con i loro limiti”, scelgono ogni giorno di vivere insieme. Confidando nella “grazia di Cristo”.
Sos divisioni. Ecco perché il Papa mette in guardia da “particolarismi ed esclusivismi”
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