Il Papa richiama la sua enciclica Fratelli Tutti. E auspica che la Chiesa ottenga buoni frutti in questo cammino quaresimale. Affinché la Campagna della Fraternità “ancora una volta, aiuti le persone e le comunità nel loro processo di conversione al Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo. Superando ogni divisione, indifferenza, odio e violenza“. Purtroppo “ancora molte ombre sul mondo, costruiamo la fraternita“, avverte il Papa. Francesco ha indirizzato un messaggio in portoghese ai fedeli brasiliani. In occasione della Campagna di Fraternità 2024 promossa dalla Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (Cnbb). L’importante mobilitazione ecclesiale ha come tema “Fraternità e amicizia sociale“. E come motto “Siete tutti fratelli e sorelle” (Mt 23,8). Del resto Francesco ha iniziato il pontificato parlando di vescovo e popolo. Non ha detto solo “buonasera“, ma, e forse ci fa meno comodo, ha mostrato la vera dimensione della Chiesa messa in luce dalla stessa Costituzione dogmatica “Lumen Gentium”, che inizia non parlando della gerarchia, ma del mistero della Chiesa e subito del Popolo di Dio. Solo dopo si parla della gerarchia, che non è separata ma è parte del popolo. Questa dimensione della Chiesa evidenzia la comunione, l’unità, l’incontro, l’inclusione, una Chiesa senza barriere e muri, che esce e dialoga con tutti. “Chiesa in uscita”, la chiama Francesco.
Il Papa esorta i fedeli a riconoscere Cristo stesso in ogni fratello abbandonato o escluso (Mt 25,40.45). “La fede colma di motivazioni inaudite il riconoscimento dell’altro. Perché chi crede può arrivare a riconoscere che Dio ama ogni essere umano con un amore infinito e che gli conferisce con ciò una dignità infinita- evidenzia il Pontefice-. A ciò si aggiunge che crediamo che Cristo ha versato il suo sangue per tutti e per ciascuno. E quindi nessuno resta fuori dal suo amore universale. E se andiamo alla fonte ultima, che è la vita intima di Dio, ci incontriamo con una comunità di tre Persone, origine e modello perfetto di ogni vita in comune. La teologia continua ad arricchirsi grazie alla riflessione su questa grande verità”. Nel 2013 al IV Congresso Missionario Americano in Venezuela c’erano circa 4000 partecipanti da tutto il continente. Ma soprattutto dall’America del Sud, tra cui molti giovani. Già si avvertiva con chiarezza e gioia la dimensione del popolo, che si fonda e cresce su una Parola di Dio letta nella storia e nella vita dei popoli e dei poveri. Il cui ascolto libera, dà speranza, integra, guarisce, dà gioia anche nelle difficoltà, come si percepiva nei canti e nelle manifestazioni gioiose di religiosità popolare. Jorge Mario Bergoglio è un vescovo che vive nel profondo la rivoluzione del Concilio, che chiedeva una riforma della Chiesa. Lo spirito del Vaticano II vive nelle sue parole, nelle omelie, in un’idea di Chiesa madre di umanità, che guarda con simpatia a tutti.
Francesco ha colto quelli che il Concilio chiama i segni dei tempi. Lo ha fatto di fronte alla “terza guerra mondiale a pezzi”. E lo fa continuamente davanti a un mondo europeo impaurito e un po’ miope, concentrato su di sé senza una visione del futuro e della storia nella sua complessità. I suoi viaggi a Lampedusa, in Albania, in America Latina, in Africa, dove ha voluto aprire l’Anno Santo della Misericordia in un paese poverissimo e travagliato dalla guerra come il Centrafrica, sono da leggere nella prospettiva di una Chiesa che si fa vicina senza paura a chi soffre, come una madre ai suoi figli. In tutto questo papa Francesco coglie una missione della Chiesa per il mondo e nel mondo e non solo una Chiesa che parla ai “suoi”. La vita è l’arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita. “Tante volte ho invitato a far crescere una cultura dell’incontro, che vada oltre le dialettiche che mettono l’uno contro l’altro – puntualizza il Pontefice-. È uno stile di vita che tende a formare quel poliedro che ha molte facce, moltissimi lati, ma tutti compongono un’unità ricca di sfumature, perché il tutto è superiore alla parte“. Il poliedro rappresenta una società in cui le differenze convivono integrandosi, arricchendosi e illuminandosi a vicenda. Benché ciò comporti discussioni e diffidenze. “Da tutti, infatti, si può imparare qualcosa, nessuno è inutile, nessuno è superfluo. Ciò implica includere le periferie – afferma il Papa-. Chi vive in esse ha un altro punto di vista, vede aspetti della realtà che non si riconoscono dai centri di potere dove si prendono le decisioni più determinanti”.
“Come fratelli e sorelle, siamo invitati a costruire una vera fraternità universale che favorisca la nostra vita nella società. E la nostra sopravvivenza sulla Terra, nostra Casa Comune, senza mai perdere di vista il Cielo, dove il Padre ci accoglierà tutti come suoi figli e sue figlie”. Così, “purtroppo vediamo ancora molte ombre nel mondo, segni di una chiusura in noi stessi”. Il Papa ricorda, quindi, “la necessità di allargare la nostra cerchia per raggiungere coloro che, spontaneamente, non sentiamo parte del nostro mondo di interessi”. Di “estendere il nostro amore per ogni essere vivente“. “Superare le frontiere e le barriere geografiche e dello spazio“. Se bisogna “rispettare in ogni situazione la dignità degli altri, è perché noi non inventiamo o supponiamo tale dignità. Ma perché c’è effettivamente in essi un valore superiore rispetto alle cose materiali e alle circostanze, che esige siano trattati in un altro modo”. Secondo Francesco che ogni essere umano possiede una dignità inalienabile è “una verità corrispondente alla natura umana al di là di qualsiasi cambiamento culturale”. Perciò l’essere umano possiede la medesima dignità inviolabile in qualunque epoca storica. E “nessuno può sentirsi autorizzato dalle circostanze a negare questa convinzione o a non agire di conseguenza”. L’intelligenza può dunque scrutare nella realtà delle cose, “attraverso la riflessione, l’esperienza e il dialogo“. Per riconoscere in tale realtà che la trascende “la base di certe esigenze morali universali”.