In vista della visita pastorale di sabato a Verona, papa Francesco ha inviato un messaggio nel quale viene evidenziato come la pace sia “artigianale”. E cioè non la costruiscono solo i potenti con le loro scelte e i loro trattati internazionali. “La pace la costruiamo noi, nelle nostre case, in famiglia, tra vicini di casa, nei luoghi dove lavoriamo, nei quartieri dove abitiamo- afferma il Pontefice-. Possiamo fare pace aiutando un migrante che mendica in strada, visitando un anziano che è solo e non ha nessuno con cui parlare, moltiplicando i gesti di cura e di rispetto verso il povero che è il pianeta Terra, così maltrattato dal nostro egoismo sfruttatore. Accogliendo ogni nascituro che viene al mondo, gesto che per santa Madre Teresa era un autentico atto di pace. Piccoli tasselli di pace, se si saldano insieme, costruiscono una pace grande, che espande il suo profumo ovunque. In queste scelte di pace e di giustizia quotidiane e a portata di mano possiamo seminare l’inizio di un mondo nuovo – sottolinea – dove la morte non avrà l’ultima parola e la vita fiorirà per tutti”.
Jorge Mario Bergoglio si pone nella stessa scia dei suoi immediati predecessori sia quanto al rapporto religione e guerra sia quanto alla condanna della guerra. Per quanto concerne il primo rapporto basta leggere quanto ha sottoscritto il 4 febbraio 2019, assieme al Grande Iman di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, nel Documento sulla Fratellanza Umana per la pace e la convivenza comune. Affermazioni analoghe le ha pronunciate durante il suo viaggio apostolico in Iraq (5-8 marzo 2021).
Ecco in sintesi il pensiero di papa Francesco: la religione, per sua natura, dev’essere al servizio della pace e della fratellanza. Il nome di Dio non può essere usato per «giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione». Dio è misericordioso. L’offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello. Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso: sono tradimenti della religione. Per quanto concerne invece il pensiero di papa Francesco sulle armi e la legittima difesa basta riferirsi a quanto egli ha detto in occasione del suo viaggio apostolico in Giappone (23-26 novembre 2019) e a quanto ha ribadito attraverso l’enciclica Fratelli tutti. – “Il legame tra giustizia e pace – ricorda il Pontefice nel suo messaggio all’incontro di pace a Verona- è al centro della visita che andrò a compiere fra breve tempo a Verona. Giustizia e pace, si augura il salmista, si baceranno, cioè si uniranno come avviene per l’amata con il suo amato. Perché esse sono dimensioni interiori e processi storici che stanno o decadono insieme: se manca la giustizia, la pace è minacciata; senza la pace, la giustizia è compromessa. Ed è quanto mai vero che la giustizia, intesa come la virtù di rendere ciò che si deve a Dio e al prossimo, è legata a doppio filo con la pace, nel senso più autentico e proprio della parola ebraica shalom”.
Questo termine, per il Papa “sta a significare non tanto l’assenza di guerra, bensì la pienezza di vita e di prosperità. Ed è solo con la giustizia che si può vivere nello shalom, ed è unicamente la pace che rende possibile la giustizia. Quest’ultima è spesso una delle prime ‘vittime’ di ogni conflitto, mentre la pace diventa precondizione per una società giusta. Ma entrambe queste due dimensioni dell’umano hanno un prezzo. Che è quello della lotta al proprio egoismo – ogni egoismo è profondamente ingiusto! L’egoismo, cioè mettere il ‘mio’ davanti al ‘nostro’, è ingiusto perché esclude l’altro e l’Altro, lo mette da parte e lo confina in un piano secondario.
E l’egoismo, quando diventa sistema di vita personale e sociale, apre le porte al conflitto, perché per difendere i ‘miei’ interessi (o quelli che presumiamo tali) si è pronti a tutto, anche a sopraffare il vicino, che da prossimo diventa avversario e quindi un nemico. Da umiliare, abbattere e sconfiggere”. A Hiroshima, presso il Memoriale della pace, il pontefice aveva affermato in modo lapidario: “Con convinzione desidero ribadire che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche, come ho già detto due anni fa” (24 novembre 2019).
Come possiamo parlare di pace mentre costruiamo nuove e formidabili armi di guerra? La nostra risposta alla minaccia delle armi nucleari dev’essere collettiva e concertata, basata sull’ardua, ma costante costruzione di una fiducia reciproca che spezzi la dinamica di diffidenza attualmente prevalente. “È necessario rompere la dinamica della diffidenza che attualmente prevale e che fa correre il rischio di arrivare allo smantellamento dell’architettura internazionale di controllo degli armamenti. Stiamo assistendo a un’erosione del multilateralismo, ancora più grave di fronte allo sviluppo delle nuove tecnologie delle armi; questo approccio sembra piuttosto incoerente nell’attuale contesto segnato dall’interconnessione e costituisce una situazione che richiede urgente attenzione e anche dedizione da parte di tutti i leader”.