Papa Francesco, guerre del Golfo permettendo, parte per uno dei Paesi meno conosciuti del mondo arabo, il Bahrain. Un arcipelago nel tumultuoso Golfo Persico, con al centro l’isola che ospita la sua capitale, Manama. Paese strano, stranissimo, perché la più identitaria delle dinastie persiane, la safavide, in epoca antica colonizzò queste terre. I safavidi non erano persiani, per questo erano molto identitari, imperialisti: avevano una sete disperata di legittimità. Avrà contribuito questo passato remoto a rendere il Bahrain confessionalmente omologo ai persiani, cioè sciita? Certamente la larga maggioranza di quella popolazione condivide la stessa fede di Tehran: lo sciismo, la seconda famiglia musulmana dopo il predominante sunnismo. Lo sono da secoli. Gli aggiustamenti successivi ai tempi della colonizzazione britannica hanno fatto dell’arcipelago un Paese sovrano, o meglio un emirato. E l’emiro è di famiglia sunnita, con la minoranza della popolazione. Come spesso accade nelle terre di mare questa peculiarità non è stata per nulla peculiare, al di là dei rapporti numerici tra sunniti e sciiti, e per la sua posizione geografica il Bahrain si è trovato ad aver fedeli di tante religioni diverse: ebrei e cristiani ovviamente, ma anche di altre fedi orientali visto che queste isole sono state da tempo luogo di scambi e commerci con tutto l’Oriente.
Ma a comandare ha sempre provveduto l’emiro. Non era certo la sua fede il punto che richiamava l’attenzione di tanti, ma il suo stile di governo, che come quello di tutti gli emiri del Golfo era orientato a sistemi desueti, al vecchio ordine dei capi assoluti, come quel mondo tribale aveva a lungo considerato naturale. Ma nella vita si cambia, si deve cambiare. Anche gli arabi cambiano. E nel 2011 proprio il piccolo Bahrain ha portato per primo sulle coste del Golfo il vento Mediterraneo della Primavera araba. Veniva da Tunisi, poi era giunto in Egitto, e di lì varcò il deserto per arrivare sulle coste dove un tempo l’economia si fondava sulla pesca della perla. Quanti ragazzi hanno perso la vista nel corso di secoli per arricchire insaziabili mercanti con le perle del Golfo, le più belle. Ora quei ragazzi, uomini maturi, sposati, con anziani di cui prendersi cura, volevano ritrovare la vista e vedere un altro mondo, un’altra vita, come quella del mondo nel quale si trovavano ormai a vivere. Che fossero sunniti o sciiti poco cambiava. Libertà, dignità, erano parole che nel 2011 soffiavano forte anche a Manama, capitale del Bahrain. Dove scelsero di incontrarsi quei giovani vogliosi di cambiamento? Ma lì, sotto l’altissimo monumento alla perla, con i suoi piloni bianchi che alla fine della loro corsa verso il cielo si avvicinavano e si univano nella bianchissima perla che faceva di quelle colonne un monumento alla storia, alla vita. Si riunivano lì per chiedere riforme e all’inizio un dialogo nazionale lo ottennero. Ma poco dopo l’aria cambiò: ingerenze, interferenze, paure? Di certo la storia ci dice che arrivò un contingente saudita e la Primavera di Manama finì, creando un ritorno di odio confessionale visto che tutto si risolse nell’accusare gli sciiti di voler capovolgere una corona sunnita. L’odio settario prevalse su una protesta che era stata proprio il contrario. Ma la sua storia non finì lì, si decise di distruggere il monumento alla Perla per cancellare la storia, la memoria, la Primavera. Ma non è andata così. Quel monumento creava una rotonda per il traffico urbano centralissima e importante che poi ne ha preso il posto. E così da allora nel linguaggio corrente chi vuole cambiamenti viene indicato come “per la rotonda”, chi non li vuole “contro la rotonda”. L’idea di cancellare anche i luoghi per far dimenticare gli accadimenti rimane un contributo con pochi analoghi.
Il passato del Bahrain è stato, giustamente, ricordato nelle ore che hanno preceduto il viaggio del papa da molte organizzazioni per la difesa dei diritti umani, perché le ferite non vanno rimosse. Ma il presente ci parla di altre ferite, a due passi dalle coste del Bahrain. Nell’Iran casa madre dello sciismo è in corso una rivoluzione? Sembrerebbe proprio di sì, da oltre 40 giorni un popolo si dimostra con la sua identità culturale e religiosa in aperta lotta con un regime, quello teocratico, khomeinista. La repressione è tremenda ma non placa la piazza iraniana, tanto che in queste ore si ipotizzano attacchi militari iraniani ai vicini per coprire lo scontro interno. Ne ha parlato il Wall Street Journal. Difficile fare previsioni, ma la pace nel Golfo appare una chimera. E tutto questo politicamente e geograficamente coinvolge il Bahrain.
Francesco dovrà fingere di dimenticare il presente per ricordare il passato o dovrà immergersi nel passato per non parlare del presente? Io credo che il cuore del viaggio, il suo partecipare all’incontro per il dialogo tra Oriente e Occidente gli consentirà di vedere entrambi, contemporaneamente. Il papa sarà in Bahrain, che non è più un emirato ma una monarchia costituzionale, con il suo amico e fratello Ahmad al Tayyeb, imam dell’Università di al-Azhar, la più importante università teologica islamica sunnita. Con lui ha firmato il “Documento congiunto sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” apprezzato a parole ma trascurato dai più. È un documento epocale che contiene parole che cambiano tutto, sul passato e sul presente politico: sono le parole sulla comune cittadinanza. Non sono parole “occidentali”, sono parole di due uomini di fede, uno dei quali musulmano, teologicamente il più autorevole. L’islam che non riconosce parità agli altri ma superiorità ai suoi fedeli e ispirazione religiosa alle leggi dei suoi stati da quel giorno non c’è più. Un qualcosa di simile a quanto accadde col Concilio Vaticano II e la “cristianità”. La cittadinanza comune e paritaria asserita nel testo lo sancisce; siamo uguali cittadini con uguali diritti, in base a una costituzione che non ci vincola a leggi religiose. Questo dice il testo. Riproporlo oggi, nel contesto odierno, è il modo migliore per curare le ferite di ieri e di oggi, quella della Primavera tradita e quella della popolazione vessata. Non si tratta dunque di aprire una disputa nuova su quanto accadde o su quanto accade ma di indicare a tutti una pagina nuova. E per farlo Francesco, con il suo amico e fratello al Tayyeb, ha scelto un arcipelago nel cuore del Golfo in tormenta, dove prevaricazione settaria e dispotismo si accavallano a tal punto da non distinguersi più. Ecco la nuova alleanza che vede Francesco: un’alleanza tra fedi pronte a incontrarsi nel nome della fratellanza umana, cioè la loro essenza fraintesa da alcuni.