La fraternità, secondo papa Francesco, è una dimensione essenziale dell’uomo, il quale è un essere relazionale. La viva consapevolezza di questa relazionalità ci porta a vedere e trattare ogni persona come una vera sorella e un vero fratello; senza di essa diventa impossibile la costruzione di una società giusta, di una pace solida e duratura. E occorre subito ricordare che la fraternità si comincia ad imparare solitamente in seno alla famiglia, soprattutto grazie ai ruoli responsabili e complementari di tutti i suoi membri, in particolare del padre e della madre. La famiglia è la sorgente di ogni fraternità, e perciò è anche il fondamento e la via primaria della pace, poiché, per vocazione, dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore. La vera risposta non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione del pensiero, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali.
Occorre abbracciare una cultura della cura dell’altro. Con la guerra nessuno vince. Con la guerra tutto si perde, tutto. Occorre sconfiggere la guerra. La soluzione è lavorare insieme per la pace, fare delle armi, come dice la Bibbia, strumenti per la pace. Oggi più che mai urge rivedere lo stile e l’efficacia dell’ars politica. La guerra lascia il mondo peggiore. In vista della pace ci si dovrebbe muovere almeno su tre piani. Andrebbe eliminato, anzitutto, il diritto di guerra degli Stati. Va affermato il diritto alla pace. Ma, come insegna la GS, la guerra non è purtroppo estirpata dalla condizione umana. Fintantoché esisterà il pericolo della guerra non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa. In sostanza, si è presi entro una morsa che non lascia scampo, a meno che non sia debellato definitivamente il male ed attuata ovunque la giustizia. In secondo luogo, bisognerebbe perseguire, senza indugio, la precondizione di un disarmo nucleare generale. E, questo, come già accennato, nel quadro di un disarmo integrale. Come si legge, infatti, nella Pacem in terris, la riduzione e la eliminazione degli armamenti «sono impossibili o quasi, se nello stesso tempo non si procedesse ad un disarmo integrale; se cioè non si smontano anche gli spiriti, adoprandosi sinceramente a dissolvere, con essi, la psicosi bellica».
All’equilibrio degli armamenti si deve sostituire la vera pace alimentata dalla fiducia reciproca. In terzo luogo, andrebbe perseguito «un grado superiore di ordinamento internazionale» per realizzare il bene comune dell’umanità. Il diritto all’ordine internazionale è un diritto umano riconosciuto dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 (articolo 28). Giova precisare che questo diritto non è riducibile al semplice ordine giuridico. Esso va inscritto in un più ampio ordine morale e sociale, che abbraccia sia le relazioni fra singole persone, sia quelle fra comunità di persone, sino a formare l’ordine della famiglia umana, comprensivo delle comunità politiche. Ma vi sono altri piani su cui muoversi per prevenire le guerre e costruire la pace. Papa Francesco nel suo Messaggio per la Celebrazione della Giornata Mondiale per la Pace del 1° gennaio 2017 offre svariati orientamenti pratici: l’annuncio e la testimonianza di Gesù Cristo, causa esemplare della non violenza attiva e creativa; la proposta ai leader politici e religiosi, ai responsabili delle istituzioni internazionali, ai dirigenti delle imprese e dei media del «manuale» della strategia della costruzione della pace, ossia le otto Beatitudini (Mt 5, 3-10); l’umanizzazione della politica, la sua risemantizzazione in senso samaritano, a partire da tutto ciò che può insegnare la non violenza attiva e creativa, come il principio architettonico della fraternità (enciclica Fratelli tutti). La fraternità, sottolinea papa Francesco, ha bisogno di essere scoperta, amata, sperimentata, annunciata e testimoniata.
Ma è solo l’amore donato da Dio che ci consente di accogliere e di vivere pienamente la fraternità. Il necessario realismo della politica e dell’economia non può ridursi ad un tecnicismo privo di idealità, che ignora la dimensione trascendente dell’uomo. Quando manca questa apertura a Dio, ogni attività umana diventa più povera e le persone vengono ridotte a oggetti da sfruttare. Solo se accettano di muoversi nell’ampio spazio assicurato da questa apertura a Colui che ama ogni uomo e ogni donna, la politica e l’economia riusciranno a strutturarsi sulla base di un autentico spirito di carità fraterna e potranno essere strumento efficace di sviluppo umano integrale e di pace.