Cristo è “innamorato degli esseri umani”, perciò il suo Vicario entra con coraggio evangelico nelle tragedie della terza guerra mondiale combattuta a pezzi, testimoniando con gesti e impegno di riconciliazione l’urgenza di un immediato “cessate il fuoco” in Ucraina. “Nemica della pace non è solo la guerra, ma anche l’indifferenza”, insegna Francesco. Una visione profetica. Frutto di saggezza, misericordia e tenerezza verso l’umanità confusa e avvelenata dallo “spirito di Caino”. Vincere l’egoismo e conquistare la pace comporta una vera e propria lotta interiore, un combattimento spirituale che ha luogo nel cuore umano.
La pace che Dio Padre desidera seminare nel mondo deve essere coltivata dagli uomini Suoi figli. La pace è molto più dell’assenza di guerra, è un modo di essere, una risposta gentile alla natura così come ci è stata donata. La pace è la reazione armonica di chi sa stupirsi e riconoscere la gratuità di ogni respiro. La pace è come un’ebrezza che consola ciascuno di noi fino a toccarci dentro procurando serenità e compenetrazione dei sentimenti più autentici e profondi. La vera pace non è un prodotto “next age” da acquisire con tecniche o cercare sui banconi delle farmacie. La pace viene dall’alto perché è un dono e parte dal basso perché si semina, si coltiva, si edifica e si raccoglie soltanto insieme.
Per sua natura la pace non potrà mai essere un fatto privato, una questione da sbrigare alle spalle del prossimo. È e sarà sempre un bene di famiglia, una ricchezza condivisa, una gioia partecipata. Nessuna coscienza può vivere in pace senza l’altro. Nessun uomo è un’isola. Nessuna coscienza può ritrovare pace senza ricevere il perdono dall’altro. Non sarà mai possibile aprire la porta della pace senza riconoscere i propri errori e senza compiere il passo della misericordia che salva il mondo. Senza la Divina Misericordia non c’è luce né speranza. I veri uomini, i veri leader sono tali se sanno subordinare il diritto e le rivendicazioni formali alla pace sostanziale del proprio popolo e di ogni essere umano. Anche a discapito dei propri interessi di corto respiro.
La vera forza è arrendersi al nemico entrando in quella logica evangelica che in oltre duemila anni ha fermato tante guerre e distruzioni. Il cosiddetto nemico altro non è che un fratello o sorella rivestito di odio, di invidia, di sete di potere e supremazia accecato di possessività, ammalato di profitti. Questo “nemico” è ben conosciuto, si nasconde nel cuore di tante persone persino di quelle che si dicono religiose, cristiane, cattoliche, ortodosse. Non ci saranno mai armi a sufficienza e basterà neanche il nucleare a cacciare quel nemico interiore che ci porta a vedere il prossimo come un pericolo, un avversario, una minaccia.
Tutto il male che ne deriva è conseguenza di questa malattia dell’anima: la guerra. È il frutto acerbo di un infantilismo mascherato da elevate e insondabili strategie di conquista per soddisfare chissà quali obiettivi. Quando due bambini litigano per lo stesso giocattolo e arrivano a urlare: “Questo è mio… no è mio… no lasciamelo…”, a un certo punto deve intervenire un adulto a dire basta, a fermare l’alterco per non farlo deflagrare. Sicuramente non accontenterà entrambi i contendenti ma quel mediatore potrà calmare gli animi cercando per l’insoddisfatto un’alternativa che gli restituisca serenità, pace.
Anche di questa figura “terza” si avverte oggi la mancanza nei luoghi di conflitto. Soffriamo l’assenza di leader maturi e quindi capaci di mediazione vera, autorevole e reale. Personalità in grado di chiudere con la guerra per ripristinare la pace. Lasciare gli altri scannarsi è realmente l’atteggiamento più disumano e dissacrante. Abbandonare gli altri al loro male è così riprovevole che anche l’indifferenza di questo periodo cupo dovrebbe inquietarci e allarmarci. Il desiderio di pace, infatti, non ha un colore politico e neanche religioso, ma può essere soltanto un istinto di vita e di dignità al di fuori di qualsiasi teatrino. Per chiedere la pace bisogna conoscerla e apprezzarla così da non volerne privare nessuno.
La Pace merita la P maiuscola perché è scritta nell’essenza del Verbo fatto carne. È Gesù ad averci insegnato a non dare la pace falsa “come quella che danno gli uomini”. E a scegliere la pace vera: l’unica che ha il potere di salvare l’umanità. Non serve, anzi è ignobile guardare la guerra come se fossimo seduti ad assistere a una tragica partita di calcio. Bisogna intervenire, mettersi in mezzo e tramutare lo scontro nella forza inesauribile dell’incontro, del dialogo. La pace deve essere anche conquistata. E invece l’indifferenza fa pensare solo a sé stessi e crea barriere, sospetti, paure e chiusure.
Abbiamo tante informazioni, ma a volte siamo così sommersi di notizie che veniamo distratti dalla realtà, dal fratello e dalla sorella che hanno concretamente bisogno. Aprire il cuore alla pace significa risvegliare l’attenzione al prossimo. Unica via per far tacere le armi. Non dobbiamo fare come chi chiude gli occhi per non vedere ciò che lo circonda o si scansa per non essere toccato dai problemi altrui. È compito di ogni uomo e donna di buona volontà promuovere una cultura di solidarietà e misericordia, a partire dalle famiglie, chiamate ad una missione educativa primaria ed imprescindibile. È tra le mura domestiche che si sperimenta il primo luogo in cui interiorizzare i valori dell’amore e della fraternità, della convivenza e della condivisione, dell’attenzione e della cura dell’altro. Solo improntando la vita alla pietà, sarà possibile sostituire la logica diabolica del conflitto con la riconciliazione.
La pace è la stella polare per trarre in salvo chi non riesce a voler bene perché ha paura di perdere qualcosa. La via della vera liberazione e del riscatto, come sintetizza l’apostolo Paolo, richiede l’impegno a rinnegare l’empietà e la ricchezza del mondo, per vivere con sobrietà, giustizia e pietà. Alla mentalità bellica spietata è nostra missione opporre uno stile di vita colmo di empatia, di compassione, di misericordia, attinte ogni giorno dal pozzo della fede e della carità. L’attenzione alla famiglia umana non può scindersi dalla sollecitudine di pace da cui dipende la sopravvivenza di tutti e di ciascuno.