Il desiderio di pace è una esigenza vitale che supera ogni altro desiderio per ogni persona di buon senso, che ama il Creatore ed il suo creato. Più ampio è lo spazio occupato da questa basica condizione etica di convivenza, più la civiltà della pace poggia su basi solide e riconosciute. Dunque si può affermare che il rispetto per i propri simili e lo spirito che lo anima, sono requisiti essenziali per attutire interessi e sensibilità diverse che condizionano la dinamica di relazione tra persone. Senza questo zoccolo duro di convinzioni profonde, difficilmente le comunità possono prosperare.
Poi nei consessi umani ci sono anche spazi ampi occupati da violenti che non riconoscono altra regola che quella di sottomettere altri per sfruttarne la capacità di incutere terrore, oppure altri ancora come ad esempio gli zeloti di ogni tempo, che accecati dalla propria ideologia ritengono nemici quelli tutti quelli che sono lontani dai loro propositi. Ed allora non basta il sentimento pacifico radicale, seppur primo fronte per garantire la pace, ma occorrono anche regolazioni comportamentali vincolanti e prestabilite per delimitare il campo di quello che lecito da quello che non lo è, con sanzioni di portata almeno pari delle trasgressioni commesse, ed effettivamente operanti. Anzi, più le conseguenze della pena comminata raggiunge efficacemente il cuore degli interessi del trasgressore, più l’effetto di deterrenza diventa potente per chiunque abbia propositi sbagliati. Se le cose stanno così, la ricerca di Pace che non può essere solo declamazione, ha bisogno di più strumenti per raggiungere il suo scopo. Ed infatti è troppo banale pensare che si possa ottenerlo senza quel realismo che è proprio di chi ricerca davvero il risultato.
Ora, spostandosi da questi principi generali, ed applicandoli all’ultimo gravissimo e sconcertante attentato ai danni degli ucraini che seguiamo ogni giorno in diretta tv, ci accorgiamo quanto siamo stati ingenui noi italiani ed europei in quest’ultimo trentennio, occupandoci così tanto dei diritti individuali tralasciando completamente quelli collettivi. Abbiamo pensato che il benessere economico ci potesse garantire sicurezza, senza nemmeno calcolare che altri paesi, come ad esempio la Russia, potessero invece avere altre priorità rispetto alle nostre, perché magari si ispirano ad altre filosofie e privilegiano strategie di dominio su altri popoli. Cosicché ci siamo completamente disarmati non solo sul piano militare, ma abbiamo anche tollerato quando non incentivato la influenza su alcuni pezzi della politica e conseguentemente delle nostre istituzioni, chissà a quale prezzo e a quali condizioni.
La loro esigenza di destabilizzare l’Europa perdura da molti lustri ed ha raggiunto il suo culmine durante il lungo tempo di pandemia: lanci continui di fake news sono partiti da quei territori nazionali, pari per numero alle bombe scagliate sui ucraini, per destabilizzare l’Europa ed il nostro Paese. Al punto in cui siamo arrivati non si possono più accettare furbe cialtronerie tese a confondere l’ingresso dentro le mura di cavalli di Troia con la pace. Certamente bisogna creare un ordine nuovo mondiale ad esempio con una nuova Onu, così come tanti altri organismi di garanzia capaci di intervenire davvero sulle situazioni gravissime che viviamo in Ucraina.
Ma l’emergenza di oggi, se si vuole davvero un accordo di pace, bisognerà aiutare Kiev a non soccombere, in modo tale che chi ha aggredito paghi il suo prezzo, mentre altri violenti che stanno a guardare alla finestra siano aiutati a fare i loro calcoli. Più di ottant’anni fa il principale violento dell’epoca Hitler, iniziò ad occupare con l’”anschluss” austriaco, poi i Sudeti, poi la Polonia spartendola coi i russi. Il violento di oggi, si è mosso con la stessa dinamica: prima entrando nei paesi caucasici, poi in Crimea ed altre regioni ucraine fino all’aggressione dell’intera Ucraina. Con accadimenti così crudi è un bene per l’Italia prendere coscienza della realtà. Non farlo risulterà l’attentato più grave contro la convivenza pacifica duratura e contro gli interessi nazionali ed europei.