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Non c’è pace senza condivisione dei valori

Papa Francesco ribadisce costantemente che la comunità umana porta, nella memoria e nella carne, i segni delle guerre. Si tratta di conflitti che si sono succeduti, con crescente capacità distruttiva, e che non cessano di colpire specialmente i più poveri e i più deboli. “Intere nazioni stentano a liberarsi dalle catene dello sfruttamento e della corruzione, che alimentano odi e violenze – afferma il Papa-. A tanti uomini e donne, a bambini e anziani, sono negate la dignità, l’integrità fisica, la libertà, compresa quella religiosa, la solidarietà comunitaria, la speranza nel futuro. Tante vittime innocenti si trovano a portare su di sé lo strazio dell’umiliazione e dell’esclusione, del lutto e dell’ingiustizia, se non addirittura i traumi derivanti dall’accanimento sistematico contro il loro popolo e i loro cari”.

Le terribili prove dei conflitti civili e di quelli internazionali sono aggravate spesso da violenze prive di ogni pietà. Ogni guerra, in realtà, si rivela un fratricidio che distrugge lo stesso progetto di fratellanza, inscritto nella vocazione della famiglia umana. Dobbiamo perciò interrogarci sulla natura profonda della convivenza e della condivisione. Nello Stato democratico i principi (costituzionalità, rappresentatività, divisione dei poteri) formano un tutt’uno: non sono estranei tra di loro o soltanto giustapposti. Si relazionano appartenendosi, mentre sono reciprocamente sussidiari. Co-principi di una stessa realtà, uno richiama l’altro e porta in sé le ragioni di tale rimando. Come l’anima dà vita al corpo e questo, a sua volta, la individualizza specificandola spazialmente e temporalmente, così nello Stato democratico esiste un rapporto intrinseco tra forma o corporeità politica e sostanza umana o popolo, soggetto vivente della democrazia. In forza di un nesso vitale, il corpo della democrazia può considerarsi prolungamento estrinseco e connaturale della sostanza umana o anima che, a sua volta, gli conferisce l’esistenza plasmandolo umanisticamente.

Il richiamo di queste elementari e basiche riflessioni è da considerare un tesoro prezioso per la valorizzazione dell’anima etica della democrazia, per la sua risemantizzazione antropologica, per il recupero e la ricentralizzazione nella vita politica dell’umano concreto universale: ossia della dignità della persona, intesa come capacità di vero e di bene, capacità di Dio, garanzia della continuità tra etica personale ed etica pubblica, base del dialogo pubblico. L’essenza morale del popolo e della democrazia non può essere costruita solo sulla base di elementi razziali, etnici, classisti, bensì sull’humanitas che accomuna i cittadini, compresi profughi ed immigrati.

Il fondamento ultimo della democrazia è la persona concreta e reale, con i suoi doveri e diritti. In ogni società politica e in ogni democrazia i doveri e i diritti sono le direttrici di realizzazione del bene comune. Essi conferiscono un solido fondamento alla convivenza, alle istituzioni e alla democrazia. Ogni situazione di minaccia alimenta la sfiducia e il ripiegamento sulla propria condizione. Sfiducia e paura aumentano la fragilità dei rapporti e il rischio di violenza, in un circolo vizioso che non potrà mai condurre a una relazione di pace.

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