Papa Francesco ricorda incessantemente come la comunità umana porti, nella memoria e nella carne, i segni delle guerre e dei conflitti che si sono succeduti, con crescente capacità distruttiva, e che non cessano di colpire specialmente i più poveri e i più deboli. “Anche intere nazioni stentano a liberarsi dalle catene dello sfruttamento e della corruzione, che alimentano odi e violenze – evidenzia il Pontefice -. Ancora oggi, a tanti uomini e donne, a bambini e anziani, sono negate la dignità, l’integrità fisica, la libertà, compresa quella religiosa, la solidarietà comunitaria, la speranza nel futuro. Tante vittime innocenti si trovano a portare su di sé lo strazio dell’umiliazione e dell’esclusione, del lutto e dell’ingiustizia, se non addirittura i traumi derivanti dall’accanimento sistematico contro il loro popolo e i loro cari”.
La guerra comincia spesso con l’insofferenza per la diversità dell’altro, che fomenta il desiderio di possesso e la volontà di dominio. Secondo Jorge Mario Bergoglio, la grandezza della politica si mostra quando opera sulla base del bene comune a lungo termine, attento alle generazioni presenti, ma soprattutto a quelle future. È grande la politica che non pensa solo ai risultati elettorali immediati. Di una grande politica ha bisogno la società mondiale che, per le sue riforme strutturali, non necessita di rattoppi, ma di soluzioni lungimiranti. La grande politica, la vera politica, ha bisogno dell’amore politico. Esso ci fa amare il bene comune e ci fa cercare effettivamente il bene di tutte le persone, lungo l’asse che va dall’io al noi, e viceversa, secondo una circolarità che alimenta la comunione delle persone e dei popoli del mondo. Non è un sentimento sterile. È molto di più di un sentimento soggettivo, perché si accompagna all’impegno per la verità. Proprio per il suo rapporto con la verità favorisce un dinamismo universale ed è base di una civiltà dell’amore.
Senza la verità, l’emotività si vuota di contenuti sociali oggettivi. La carità per essere maggiormente sé stessa ha bisogno di verità, quella della ragione e quella della fede. La carità politica si articola su più piani di espressione. Sul piano personale, comunitario, sul piano delle istituzioni e delle strutture democratiche, sul piano nazionale, europeo, mondiale. L’attività dell’amore politico crea istituzioni più sane, ordinamenti più giusti, strutture più solidali. È carità politica innalzare strutture perché il prossimo non abbia a trovarsi nella miseria. Se è carità stare vicino a una persona che soffre, è pure carità tutto ciò che si fa per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza. «Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume – e questo è squisita carità –, il politico gli costruisce un ponte, e anche questo è carità. Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro, ed esercita una forma altissima di carità che nobilita la sua azione politica».
La vera carità politica non è quella che promuove strategie di contenimento che unicamente tranquillizzano e trasformano i poveri in esseri addomesticati e inoffensivi. La vera carità politica non promuove un assistenzialismo che misconosce la dignità delle persone e finisce per essere un’ipocrisia sociale. Agisce in modo da rendere ogni essere umano artefice del proprio destino assieme agli altri. La democrazia si applica, in particolare, alla cura degli scartati. Il politico è un realizzatore, un costruttore con grandi obiettivi, con sguardo ampio e pragmatico. Le maggiori preoccupazioni di un politico non dovrebbero essere quelle causate da una caduta nelle inchieste, bensì dal non trovare un’effettiva soluzione al fenomeno dell’esclusione sociale ed economica, con le sue tristi conseguenze di tratta degli esseri umani, commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato.