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L’orrore in Terra Santa riguarda tutti noi

Foto di Rodolfo Quevenco da Pixabay

Nessuno esce vincitore da un conflitto. Dopo mesi di atroci stragi in Ucraina, è ora la feroce esplosione di violenza in Terra Santa a confermare quanto la guerra sia un’inaccettabile sconfitta per l’umanità. Sono trascorsi oltre sessant’anni dalla storica enciclica “Pacem in terris” e risuona tragicamente attuale l’appello di Giovanni XXIII a tutti gli uomini e le donne di “buona volontà”. Da Gaza e Israele rimbalzano immagini devastanti che testimoniano l’accumularsi di immense sofferenze e lo scatenarsi di una cieca violenza che rischia di infiammare l’intero Medio Oriente. Tutto intorno dilaga un clima diffuso di sospetto e di diffidenza. L’odio e la rabbia penetrano nel cuore e nella mente di intere generazioni, creando divisioni che sembrano destinate a durare nel tempo. Milioni di persone nella terra sacra per i tre monoteismi sono costrette a vivere nell’incubo costante che un’aggressione o un incidente possano scatenare il più cruento degli scenari bellici mettendo a repentaglio il futuro stesso di due popoli.

In un momento così doloroso anche i mass media hanno una responsabilità irrinunciabile affinché le parole non alimentino ulteriormente l’incendio. Per esempio identificare l’insieme dei palestinesi con Hamas è un macroscopico e inaccettabile errore così come lo è negare che Israele sia una democrazia al cui interno ferve il dibattito sulle cause e le risposte a quanto sta accadendo. In ogni angolo del pianeta i pilastri della pace poggiano sulla comune appartenenza alla famiglia umana ed è compito di ciascuno di noi illuminare l’aspirazione condivisa a vivere in sicurezza, giustizia e speranza per il futuro. La giustizia fermerà le armi in Terra Santa se ogni israeliano e palestinese concretamente rispetterà i diritti altrui e si sforzerà di adempiere pienamente i propri doveri verso gli altri. “L’amore diventa fermento di pace se la gente sentirà i bisogni degli altri come propri e condividerà con gli altri ciò che possiede, a cominciare dai valori dello spirito – evidenzia profeticamente la Pacem in terris – La libertà alimenta la pace e la fa fruttificare se, nella scelta dei mezzi per raggiungerla, gli individui seguono la ragione e si assumono con coraggio la responsabilità delle proprie azioni“. La tragedia in Terra Santa conferma che il concetto di bene comune deve essere elaborato con un orizzonte mondiale. Nessuno si salva da solo e nessuna potenza mondiale (Stati Uniti, Russia, Unione Europea, paesi arabi) può chiamarsi fuori dalla barbara uccisione di innocenti. O la pace è autenticamente universale o siamo tutti in pericolo, come dimostrano decenni di terrorismo internazionale.

E’ sempre più evidente l’esigenza di un’autorità pubblica a livello internazionale, che possa disporre dell’effettiva capacità di pacificare lo scacchiere mediorientale, partendo dal riconoscimento, dal rispetto, dalla tutela e dalla promozione dei diritti delle persone e dei popoli. Le Nazioni Unite hanno a Gaza la possibilità e il dovere di agire come strumento credibile per attuare la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Solo attraverso una reale presenza diplomatica e geopolitica dell’Onu sarà possibile l’edificazione di una condizione fondata sull’ ordine anziché sul disordine, sul dialogo invece che sulla forza. Per questo la Santa Sede, a tutti i livelli di confronto tra gli Stati, non smette di ribadire come la difesa sovranazionale dei diritti umani sia il presupposto indispensabile per la promozione e la difesa della sicurezza globale. Se una parte del corpo è dolorante, l’intero organismo soffre. Quindi non sono ammissibili “scelte arbitrarie, che portano a realizzare forme di discriminazione e di ingiustizia”, avverte l’enciclica più importante per l’impegno di pace dei credenti che già nel 1963 rilevava che “non c’è un altro luogo in cui si avverta con uguale chiarezza la necessità di un uso corretto dell’autorità politica, quanto nella drammatica situazione del Medio Oriente e della Terra Santa”.

Proprio qui, allora come adesso, “giorno dopo giorno e anno dopo anno, l’effetto cumulativo di un esasperato rifiuto reciproco e di una catena infinita di violenze e di vendette ha frantumato sinora ogni tentativo di avviare un dialogo serio sulle reali questioni in causa”. Sembrano parole scritte in queste ore e si attagliano perfettamente all’escalation di violenza a cui stiamo assistendo sgomenti: “La precarietà della situazione è resa ancor più drammatica dallo scontro di interessi esistente tra i membri della comunità internazionale. Finché coloro che occupano posizioni di responsabilità non accetteranno di porre coraggiosamente in questione il loro modo di gestire il potere e di procurare il benessere dei loro popoli, sarà difficile immaginare che si possa davvero progredire verso la pace”. E “la lotta fratricida, che ogni giorno scuote la Terra Santa contrapponendo tra loro le forze che tessono l’immediato futuro del Medio Oriente, pone l’urgente esigenza di uomini e di donne convinti della necessità di una politica fondata sul rispetto della dignità e dei diritti della persona”. E’ la stessa vocazione alla pacificazione che spinge papa Francesco a fare appello alle coscienze mentre infuriano le operazioni militari tra missili e raid: “In Israele la violenza è esplosa ferocemente provocando centinaia di morti e feriti. Gli attacchi di armi si fermino, per favore e si comprenda che il terrorismo e la guerra non portano ad alcuna soluzione, ma solo alla morte di tanti innocenti. La guerra è sempre una sconfitta“.

don Aldo Buonaiuto: Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata