Categories: Editoriale

Non solo crisi: i segnali positivi del 2022

inflazione

Foto di Bruno /Germany da Pixabay

La guerra in Ucraina, la crisi energetica e l’aumento generalizzato del costo della vita. Se ci si concentra sulle crisi che hanno segnato il 2022, quello che volge al termine può sembrare l’ennesimo annus horribilis, solo l’ultimo di una serie negativa che sembra non finire mai. Eppure non sono pochi i segnali positivi nel campo economico e sociale, la ripartenza post covid e le sfide legate all’approvvigionamento energetico hanno costretto governi e organizzazioni internazionali a rivedere molti processi di sviluppo e a puntare con ancora più decisione su modelli sostenibili.

Insomma la partita è tutta da giocare è l’Italia è tra i Paesi che ha mostrato maggiori segni di vitalità. Con il completo superamento delle misure di contenimento della pandemia, il 2022 è stato per il nostro paese l’anno di una ripresa più sostenuta, in cui è stato completamente riassorbito l’8,9 per cento di Prodotto Interno Lordo (PIL) perso nel 2020. Siamo tornati a viaggiare e a lavorare senza interruzioni, ad aggregarci in teatri, cinema, ristoranti e stadi. I fortunati con un posto fisso hanno speso i soldi messi da parte nei mesi in cui erano costretti a stare in casa. Di conseguenza è amentata anche l’occupazione. Da gennaio a ottobre nel settore privato sono stati creati 350 mila posti di lavoro aggiuntivi e per la maggior parte si tratta di contratti di lavoro stabili e a tempo indeterminato.

Il cosiddetto ribalzo del dopo crisi è stato energico ma l’inflazione sta erodendo la capacità di acquisto e il benessere di una classe media che si assottiglia sempre di più. Resta infatti l’annoso problema degli stipendi troppo bassi rispetto alla media europea, le famiglie numerose arrancano sempre di più e la povertà assoluta continua ad aumentare: a fine 2021 (ultimi dati disponibili) le famiglie che vivono in condizione di povertà assoluta erano più di 1,9 milioni, il 7,5% del totale. In tutto 5,6 milioni di persone, pari al 9,4% della popolazione: 1 milione in più rispetto al 2019.

Il reddito di cittadinanza non ha dunque “abolito la povertà” come avevano preannunciato i suoi proponenti. Ci vuole lavoro stabile per tutti e un sostegno legato alla composizione del nucleo famigliare. In questa direzione va sicuramente l’assegno unico familiare varato sotto il governo Draghi e che il governo Meloni ha aumentato per i nuclei con almeno tre figli. La strada per un welfare di livello europeo che sostenga la famiglia e la natalità è ancora lunga ma la direzione imboccata con l’assegno unico è quella giusta. Lo sviluppo sostenibile e le opportunità di crescita passano anche per le infrastrutture e la riconversione ecologica dell’economia, in questo senso il Pnrr è un’occasione storica da non perdere, che, almeno sulla carta, garantisce finanziamenti ad opere strategiche come l’alta velocità ferroviaria nel meridione e nuovi impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Tuttavia, non c’è aiuto o incentivo però che possa incidere profondamente sulle sorti di una nazione senza che avvenga anche un cambio di prospettiva antropologica. L’Italia risulta ancora troppo ripiegata su sé stessa, la mancata apertura alla vita si palesa con una demografia catastrofica. Nel 2022 abbiamo raggiunto l’ennesimo record negativo di nuovi nati dall’unità d’Italia, le stime dicono che scenderemo sotto le 400mila nascite annue, un disastro se si considera che eravamo sopra le 500mila fino ad un decennio fa e che nascevano circa un milione di bambini l’anno fino ai primi anni Settanta. Per rompere la spirale dell’individualismo gli incentivi alle coppie e alla conciliazione lavoro/famiglia devono essere accompagnati da una rivoluzione culturale, da una narrazione sulla bellezza della famiglia e della genitorialità, troppe spesso presentate dalla cultura mainstream come delle anticaglie da superare in favore nuove forme di aggregazione. La decisione del nuovo governo di istituire il Ministero della Famiglia e della Natalità è un primo passo simbolico che deve essere seguito da misure concrete nel campo economico e culturale.

Per riallacciare i nodi di una società sempre più divisa e composta da singoli individui, bisognerà anche combattere quella cultura dello scarto denunciata da Papa Francesco. Sotto le mentite spoglie del pietismo avanza infatti l’eliminazione di disabili, anziani e fragili tramite l’eutanasia e il suicidio assistito. Nel 2022 sono aumentati i “viaggi della morte” in Svizzera, anche di persone semplicemente depresse. L’Italia a livello legislativo resiste ai tentativi di legalizzazione della morte di Stato ma quasi nulla viene fatto per dare dignità e prossimità ai soggetti più deboli. Integrare i disabili nel mondo del lavoro e rimettere gli anziani al centro delle nostre famiglie sono due obiettivi imprescindibili per costruire uno sviluppo integrale della società che non lasci nessuno indietro. Le forze sane – ad iniziare dal variegato mondo dell’associazionismo cattolico – per affrontare questa sfida ci sono, mondo economico e politico potranno fare bene solo se si mettono in ascolto della società reale che chiede solo di poter libere le sue energie senza gli ostacoli.

Infine, guardando alle tante crisi mondiali va registrato positivamente l’anelito per i diritti umani che pervade molte aree del mondo. I mondiali di calcio in Qatar hanno scoperchiato il tema delle condizioni dei lavoratori del terzo mondo e le proteste in Iran quello dei diritti delle donne. Si tratta tuttavia ancora di un’indignazione a corrente alternata e che vede l’Occidente usare due pesi a due misure nel condannare le violazioni a seconda del Paese che le commette. Difficilmente si puntano i riflettori sulla mancanza di diritti politici e sociali in Cina o nei ricchi Paesi del Golfo. Per non parlare del fatto che la libertà religiosa è ancora completamente negata in moltissimi Paesi e che i cristiani restano i più perseguitati al mondo. Sulla scorta dei recenti fatti di cronaca, che hanno visto anche lo scandalo della corruzione al parlamento europeo proprio su questioni inerenti il dibattito sui diritti umani, il 2023 può diventare un anno di svolta per rilancio di uno sviluppo di pace e di diritti per tutta la popolazione globale. Ai leader occidentali è richiesta sicuramente più coerenza e il coraggio di saper guidare un’azione globale che metta al centro il bene comune prima di qualsiasi obiettivo di bilancio.

Marco Guerra: