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Nigeria, dove si muore per la fede

Circa 300 milioni di cristiani nel mondo sono perseguitati a causa della loro fede. Oggi i cristiani sono il gruppo religioso maggiormente colpito da violenze, vessazioni e discriminazioni di ogni tipo. Nella maggior parte dei casi le persecuzioni avvengono per mano del fondamentalismo islamico o da parte di regimi e governi ateisti che vogliono limitare l’agibilità di tutti i gruppi religiosi, anche se sono in aumento casi di discriminazione in Paesi occidentali democratici, dove il laicismo radicale vuole mettere il bavaglio ai cristiani.

In questa cornice desta sempre più preoccupazione la situazione nel continente africano, che è stata messa a fuoco anche nell’ultimo rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre, in cui si evidenziava che l’asse del fondamentalismo islamista si è ormai spostato dal Medio Oriente all’Africa e all’Asia meridionale ed orientale.

Di fatto, la Nigeria è di gran lunga la nazione dove negli ultimi anni il sangue dei cristiani ha ricoperto più volte il terreno, sia a causa degli attacchi condotti contro chiese e villaggi cristiani da parte dei jihadisti di Boko Haram nel nord Paese; sia a causa dell’avanzata dei pastori fulani, musulmani, che rubano le terre degli agricoltori cristiani – usando contro di loro violenze e saccheggi – per fuggire alla desertificazione.

Per questo motivo, nei giorni scorsi, il Cardinale Jean-Claude Hollerich, presidente della Comece (Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità Europea) ha espresso solidarietà e vicinanza alle comunità cristiane della Nigeria, attraverso una lettera inviata alla Conferenza episcopale del Paese africano. Il porporato ha assicurato che la Comece “sosterrà l’intensificazione dell’assistenza e della cooperazione dell’Unione Europea con le autorità e le istituzioni nigeriane, comprese le Chiese e le comunità religiose, in modo da combattere la violenza e le persecuzioni e migliorare, così, la stabilità e la prosperità del Paese africano”.

Già nel mese di maggio, la Comece aveva lanciato un appello in favore della Nigeria, in particolare, l’Ue e la comunità internazionale venivano esortate ad utilizzare “strumenti diplomatici, politici e finanziari per aiutare le autorità nigeriane a fermare la violenza, a consegnare i criminali alla giustizia, a sostenere le vittime e a includere pienamente i cristiani (pari al 47% della popolazione nazionale) in tutte le strutture statali e a tutti i livelli delle amministrazioni”.

Ad ogni modo, la violenza in Nigeria resta fuori controllo in tutti gli ambiti della società. Monsignor Matthew Kukah, vescovo di Sokoto, in un colloquio con Aiuto alla Chiesa che Soffre, risalente allo scorso giugno, ha detto che “governo è completamente sopraffatto. La situazione sta peggiorando e il numero dei morti è enorme. Per quanto riguarda la comunità internazionale, c’è molta ipocrisia e poca volontà”. Secondo il presule “il debole e corrotto governo nigeriano è responsabile della degenerazione del conflitto in atto e che la comunità internazionale deve contribuire al ripristino dell’ordine pubblico nel Paese”. Negli ultime mesi infatti gli attacchi nel nord-ovest sono aumentati e nel distretto di Sabon Birni, nella provincia di Sokoto, più di 70 persone sono state massacrate.

Il vescovo di Sokoto ha poi evidenziato l’importanza del ripristino della legalità e che le radici del conflitto vanno ricercante anche tra l’odio e le discriminazioni religiose. Monsignor Kukah ha quindi affermato che molti musulmani nigeriani “insistono nel sostenere che non deve esserci distinzione fra stato e religione” e che questo ha consentito a Boko Haram e ad altri gruppi di imporre la propria influenza sul piano morale. Nel Paese poi, a ricoprire ruoli di potere sono per lo più musulmani e il presule definisce lo Stato una struttura debole e corrotta, incapace di agire.

Con i suoi 200 milioni di abitanti la Nigeria è il più popoloso stato dell’Africa e l’instabilità di questo gigante ricco di risorse naturali si riversa su tutto il continente, per non parlare delle pesantissime ripercussioni sui flussi migratori. Milioni di giovani che lasciano il Paese prendendo che rotte carovaniere che portano sulle sponde del Mediterraneo. Insomma i numeri dicono che qualsiasi politica che punta alla pacificazione e alla prosperità dell’Africa, nonché all’attenuazione dell’emergenza migratoria, non può prescindere dalla sicurezza delle comunità cristiane della Nigeria

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