“Non esistono grandi scoperte né reale progresso finché sulla terra c’è un bambino infelice”, scrive lo scienziato premio Nobel, Albert Einstein. In questi giorni natalizi ho incontrato diverse giovani coppie con i loro figli neonati. È sempre edificante sentirle raccontare come tutto cambia quando arriva la nuova esistenza, accolta e cullata tra le braccia di mamma e papà. Quella creatura ha il potere di cambiare i cuori e le menti anche delle persone più spietate. Il neonato dona una luce immensa che riesce ad abbattere anche le più ostinate resistenze. Così ho sentito la gioia di una coppia che dopo diversi tentativi, non essendosi mai arresa, ha ricevuto il dono del figlio tanto desiderato.
Prima di battezzare il loro bambino mi hanno raccontato: “La nostra vita è ricominciata dalla sua nascita. Non ricordiamo più niente del passato, è come se fossimo rinati anche noi con lui”. A questa luminosa testimonianza si aggiunge quella profondamente toccante di un’altra coppia che invece, non riuscendo ad avere figli, mi ha detto: “Se non arriveranno, sarebbe per noi bello poter diventare genitori di qualche piccolo che magari non sta bene, non è benvoluto per qualche disabilità o malattia. Noi potremmo dargli tutto l’amore che merita”. Ecco il modo di essere più umano e più radioso che dà speranza al domani. Potremo dimostrarci “pellegrini di speranza” (come recita il tema del Giubileo) fino a quando ci saranno persone non appiattite sull’opportunismo, atroce infermità dell’anima, ma ispirate dall’alterocentrismo che fa avvertire il prossimo come parte di sé al di là della provenienza. Il 2024 è stato simbolicamente concluso dal grido di sofferenza di Francesco: “Con dolore penso a Gaza, a tanta crudeltà, ai bambini mitragliati, ai bombardamenti di scuole e ospedali. Quanta crudeltà”. In Terra Santa e in decine di altri luoghi martoriati del globo, le vittime innocenti dei moderni Erode muoiono nel silenzio più assordante: sono i neonati uccisi dalle guerre, dalla fame, dal freddo, dalla mancanza di cure mediche nei paesi più poveri del mondo. Ad inaugurare significativamente l’Anno Santo sono stati l’appello giubilare al “cessate il fuoco su tutti i fronti” e quello papale a “proteggere i piccoli dalle violenze”.
La sofferenza delle più fragili delle creature rappresenta un tragico fallimento della nostra civiltà che si dichiara ultratecnologica e poi non riesce a difendere i propri figli. E’ inaccettabile ritrovarci ad apprendere dai mass media della morte di neonati per il freddo a Gaza, piccole creature appena venute al mondo tra le macerie della crudeltà umana e già condannati e assassinati dall’indifferenza dei potenti. I governanti coinvolti direttamente o indirettamente dalle oltre sessanta guerre e conflitti sparsi nel mondo non possono sentirsi in pace. Sono complici dei nuovi massacri degli innocenti al pari di chi si arricchisce vendendo loro armi sempre più distruttive. Penso alla “cultura dello scarto”, all’indifferenza verso quelle creature ancora più indifese ed esposte nel grembo materno dove tra avvoltoi e sicari vengono oppressi e rifiutati i nascituri, convincendo le mamme e i papà ad andare contro la propria vocazione genitoriale.
E’ sbalorditivo l’odio che si prova nei confronti di coloro che dedicano la vita a cercare di convincere queste mamme a non abortire. Le numerose e benemerite organizzazioni a favore della vita nascente sono diventate nel mondo motivo di grande fastidio. Certi movimenti e associazioni si accaniscono nel denigrare, avversare e perseguitare le realtà che tentano fino all’ultimo istante di favorire un ripensamento e di suscitare un cambiamento di decisione. Ogni bambino è un dono immenso e un segno concreto di speranza per una nuova umanità. Senza nascituri non c’è presente e tanto meno futuro. Le culle vuote sono il segno drammatico di un mesto declino collettivo. Al di là di certe forzature della scienza, è innegabile che il concepito abbia bisogno di un grembo materno, di sentirsi accolto nelle viscere di una mamma e non di una macchina e che ogni vita che sboccia è sempre il frutto di un vero amore, quello di Dio, anche qualora agli occhi di taluni possa sembrare un errore.
Nessuna persona, infatti, viene al mondo per un errore perché la vita non è mai sbagliata anche quando essa sembra particolarmente fragile o addirittura all’origine già così debole per qualche malattia o disabilità. Nessuno nasce “sbagliato”. Il Santo Padre ha invocato “un tempo di speranza per le famiglie” e ha richiamato l’attenzione su quei piccoli uccisi a Gaza. Potevano essere salvati da corridoi umanitari, da coppie e persone disponibili ad accoglierli, da quei potenti che nell’orrore bellico potevano e potrebbero almeno salvare i più deboli, tra cui gli anziani, le persone con disabilità e chiunque abbia bisogno urgente di cure. “Gesù è la Porta spalancata che sulla soglia attende tutti, specialmente i più fragili”, afferma il Pontefice riferendosi soprattutto a “tutti i bambini che soffrono per la guerra e la fame”.
Nessuno può fingere di non sentire “il lamento e il pianto di tante madri, di tante famiglie, per la morte dei loro figli innocenti”. Un gemito che tocca l’anima e ci esorta a proteggere l’innocenza dei piccoli schiacciati dal peso del lavoro clandestino e schiavo, della prostituzione e dello sfruttamento. Vorrei quindi che ci si adoperasse a non abbandonare e lasciar morire questi nostri fratelli e sorelle e fare realmente di tutto per salvare il più possibile le loro vite. Maria, Madre di Dio, illumini ogni credente per questo nuovo anno affinché la pace non resti una parola vuota ma diventi concretezza in ognuno di noi e nel mondo intero.