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La necessità del dialogo e dell’amicizia sociale

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Sulla scia dell’enciclica “Fratelli tutti” di papa Francesco, la Settimana Sociale dei Cattolici ha dimostrato quanto l’Italia abbia bisogno di dialogo e amicizia sociale. E’ da questi due valori, infatti, che nasce la democrazia. Nella fede siamo tutti figli dello stesso Dio, chiamati a imparare a vivere da fratelli.

Prima ancora di essere una forma di governo, di buone pratiche, di principi strutturali (Costituzione, rappresentanza, divisione dei poteri, ordinamenti giuridici, di regole procedurali come il metodo della maggioranza) la democrazia è espressione della vita morale e spirituale del popolo.

Ha origine nelle persone, nella loro indigenza, nella loro ricchezza d’essere, intesa come capacità di pensiero e di parola, di creatività e di immaginazione. Ha a che fare con il sentirsi parte di un tutto che completa – in termini di solidarietà e di sussidiarietà – e che supporta il proprio compimento umano in Dio.

La democrazia cresce con l’uso della partecipazione. Impoverisce se diventa un insieme di processi formali, burocratici, procedure senza anima, senza coinvolgimento dei cittadini nella programmazione e co-progettazione, nei processi decisionali. In essa non ci può essere una sistematica frustrazione del sogno e della profezia. Questo perché la democrazia non può ridursi ad un insieme di processi incapaci di ascoltare tante realtà associative. La democrazia si atrofizza, diventa un nominalismo, una formalità, perde rappresentatività. Lascia fuori il popolo, i poveri, nella costruzione del bene comune, nella lotta quotidiana per la dignità, nell’approvazione delle leggi.

In una prospettiva di una democrazia sostanziale, partecipativa, deliberativa, inclusiva, nel Documento preparatorio della Settimana sociale ci si chiede opportunamente: “Quale coinvolgimento, oltre alla gente comune, è dato agli immigrati? Questi sono, oltre che accolti, promossi ed integrati?”. Nonostante tante frustrazioni, delusioni rispetto ad una democrazia con luci, ma con non poche ombre, nella società italiana si legge il desiderio di una ripartenza, verso una nuova cittadinanza fondata sul contributo di tutti.

Rispetto a ciò sollecita l’enciclica “Fratelli tutti”. Il Documento preparatorio della prossima Settimana sociale definisce una tale enciclica un abecedario, ove i cristiani possono trovare le prime lettere dell’alfabeto politico, in un contesto socioculturale in cui siamo tutti un po’ analfabeti funzionali. Ma se si ha a cuore la partecipazione come dinamica della rivitalizzazione della democrazia bisognerà generare reali occasioni in cui prendere la parola, proporre, ascoltarsi, condividere, immaginare con riferimento alle grandi questioni: l’economia e la democrazia economica, la finanza, il potere, l’educazione, la dimensione pratica della carità, la responsabilità della cura dei luoghi e dell’ambiente, l’immaginazione politica.

Al termine dell’elenco nel Documento preparatorio si pone una finestra, con alcune domande. Tra queste la prima mi pare di particolare rilevanza in vista della partecipazione nella democrazia e per la nostra riflessione. È bene evidenziarla, per non perdersi in un discorso vago. Ecco la prima domanda: “Ci siamo ritirati nel sociale, nell’impegno civile e di volontariato abbandonando la presenza in politica. Come recuperare questo spazio di presenza e di impegno?”.

Si tratta di una domanda per nulla banale che, però, espressa com’è, lascia in ombra il problema della partecipazione politica attraverso i partiti. La partecipazione attraverso i partiti sembra essere divenuta, in ambito cattolico, quasi un tema tabù, per la sua delicatezza, per le questioni che implica. E, tuttavia, è un tema che non può essere evaso, allorché, come appare nel Documento preparatorio, ci si ripropone di andare al cuore della democrazia mediante la partecipazione. Questa si articola in diversi modi e su più piani: sociale, economico, politico, culturale, mass-mediatico, informatico, non escluso il piano del potere (o, meglio, dell’esercizio dell’autorità), inteso come poter-essere, poter-fare e poter-cambiare.

mons. Mario Toso: