Editoriale

Natale in pandemia

La lezione della pandemia è racchiusa in un’immagine che l’enciclica “Fratelli tutti” trae dalla Lettera di San Paolo agli Efesini: “Siamo membra gli uni degli altri”. Nessuno può pensare di uscire dall’emergenza senza curarsi del prossimo. Nel tunnel buio della crisi Covid la luce della Chiesa può essere faro fermo e visibile, ma anche fiaccola che accompagna gli uomini nel loro cammino, senza accecarli.

Il faro è sulla roccia, la fiaccola invece è in mezzo al gregge. E mai quanto in questo tempo di prova, tutti gli uomini e le donne di buona volontà sono chiamati a raggiungere “le periferie”. Non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali che acquistano molteplici volti: economici, culturali, razziali, religiosi. Sono esse le più bisognose di cura e attenzione.

La Chiesa in uscita rispecchia proprio la vocazione di ciascun cristiano di andare incontro ai bisognosi per beneficarli e sanarli con il balsamo della misericordia. Piuttosto che condannare a priori, la barca di Pietro affronta il mare in burrasca rispondendo alle necessità del momento, testimoniando la centralità della carità cristiana ed esponendo chiaramente il valore del suo insegnamento.

E laddove emergano punti di vista diversi bisogna cercare spazi per ascoltare lo Spirito Santo e permettergli di operare in profondità. Il Natale in pandemia ci richiama alla pastoralità dell’azione ecclesiale e allo sforzo del dialogo con il mondo moderno e anche con i lontani. Nei fedeli di altre religioni la Chiesa riconosce “semi del Verbo” cioè elementi di verità e di bontà anche nella loro fede.

La prova collettiva dell’emergenza sanitaria globale contribuisce a farci sentire parte dell’unica famiglia umana. Quasi un antidoto epocale all’innegabile affievolirsi nei secoli del messaggio di misericordia divina che invece pervade tutto l’Antico e il Nuovo Testamento. Forse a molti è sembrato che un Dio che prova compassione venisse impoverito. E troppo spesso è stata attribuita a Dio la concezione umana di giustizia, che non è la sua, per fortuna degli uomini.

Il ruolo di riferimento morale che papa Francesco svolge in pandemia ha contribuito a questa riscoperta. Nelle difficoltà individuali e comunitarie si moltiplicano le domande di senso, soprattutto tra le nuove generazioni. E con esse lo slancio che porta a Dio e quello che porta al prossimo, sia come singolo che nelle strutture sociali che l’umanità ha creato. La tentazione è da sempre quella di dividere le due cose, mentre l’impegno nell’una è la verifica della bontà dell’altro.

Ora in pandemia non abbiamo più alibi. Nella grotta di Betlemme il figlio di Dio tra pochi giorni nasce per stare accanto all’umanità e salvarla condividendone affanni e speranze.

don Aldo Buonaiuto

Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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