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Se le multinazionali decidono termini e condizioni del pianeta

Sono sorpreso nel leggere e vedere quali siano i temi che appassionano l’opinione pubblica e sono altrettanto sorpreso nel vedere con quale superficialità si coprono le scelte politiche, sociali ed economiche che condizioneranno gli anni a venire. Questo scenario mi ha fatto ricordare il gioco che facevamo da bambini, quando lanciavamo i sassi in uno stagno. Ci fermavamo a guardare i cerchi che si creavano, sempre più lontani, dal punto dove il sasso era entrato in acqua. Ed era incredibile come, dopo tutto questo movimento, tutto finiva e l’acqua tronava cheta, immobile.

Così, quando ho letto la lettera aperta “Global leadership Covid-19 response“, con cui i CEO delle grandi multinazionali hanno scelto di influenzare il “sasso gettato nello stagno dell’economia” dal Covid 19, mi sono chiesto come mai la politica, i social, la stampa tradizionale disegnassero una strana traiettoria che porta dritta dritta ad un nuovo lockdown, possibilmente causato dai migranti che hanno di nuovo invaso il nostro Paese.

Per uno come me che scrive dalla Sicilia, è anche troppo facile sviare l’attenzione parlando di migranti e di pandemia, ma ciò che mi interessa oggi è capire se siamo ad una svolta dell’economia in senso ecologico, se i sassi lanciati nello stagno possono muovere l’acqua in altra direzione o se le pressioni delle multinazionali riescono a condizionare “termini e condizioni” di un nuovo contratto sociale.

Già, perché la politica è notoriamente sensibile a queste pressioni e accompagna i processi di cambiamento che esse suscitano. Una delle strategie di accompagnamento è quella di distrarre l’opinione pubblica (quella che oggi si forma sui social, peraltro) con temi affascinanti o appassionanti, celando dietro ad essi i grandi interessi per il controllo dei flussi economici e finanziari presenti e futuri.

Ai grandi mecenati, che vedono sul banco degli imputati l’economia di mercato che hanno cavalcato per decenni, serve poter ipotizzare un nuovo modello economico – che supera la tripartizione tradizionale di Stato, Mercato e Terzo settore – e si colloca come nuovo modello economico che ha i pilastri nella Sostenibilità e nell’Inclusione.

Ma questi due concetti sono fortemente incardinati in una tradizione economica che si è opposta strenuamente alla logica del massimo profitto e che, in qualche modo, suscita attenzione ed interesse, ha prodotto “mondi vitali nuovi” in cui il rispetto per l’ambiente e per la dignità dell’uomo sono un punto di partenza e giammai d’arrivo. Certo, questa Economia civile fa fatica ad interfacciarsi con le Istituzioni pubbliche alla stregua delle multinazionali e del loro “Global leadership Covid-19 response”, che vogliono approfittare della pandemia per esercitare il ruolo di “grande acceleratrice” di cambiamenti economici strutturali, al centro dei quali continuino ad esserci i loro interessi.

Sarebbe davvero importante offrire oggi le stesse opportunità di crescita alle diverse forme economiche, sapendo che i mondi vitali nuovi, le nuove economie hanno bisogno di regole che compensino la limitatezza di capitali propri per gli investimenti. E che vieti al tempo stesso che di tali strumenti compensativi possano appropriarsi – in nome della sostenibilità e dell’inclusione – forme economiche che già godono di sostegni finanziari importanti, peraltro frutto di politiche pubbliche favorevoli. C’è un pianeta che sta urlando il suo disagio profondo, i mutamenti climatici stanno distruggendo parti importanti dell’ecosistema naturale, intere popolazioni si muovono dalle loro terre d’origine ormai invivibili…

Tutto ciò richiede di innescare (e soprattutto di gestire) cambiamenti profondi, perché è frutto avvelenato dell’uomo e i suoi interessi economici! Per questo risulta poco credibile l’appello alla sostenibilità e al cambiamento, se a lanciarlo è chi ha un interesse chiaramente diverso, anzi del tutto opposto. L’era della globalizzazione ad ogni costo, della concentrazione degli interessi, delle grandi differenze di classe e di ricchezza, deve essere definitivamente archiviata per ripensare il modello economico, puntando sulle capacità endogene dei territori e delle Comunità, sul rispetto degli ecosistemi naturali, sulla rigenerazione dei luoghi e delle persone.

Questa è la versa sostenibilità e questa è la vera inclusione, con una concorrenza fra strategie economiche che rimetta tutti in corsa e che – nel momento in cui l’acqua sarà tornata cheta dopo l’inevitabile cambiamento imposto dalla pandemia – non costruisca un abito nuovo per vestire lo stesso corpo economico, cosi da permettere un nuovo equilibrio per proseguire lo sfruttamento della terra e dei poveri. Il sasso nello stagno, insomma, deve essere un’occasione da non perdere, anzi da accogliere con un animo contemplativo, rivedendo e osservando il passato e le vicende del mondo, e guardando al futuro con coraggio, libertà ed amore.

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