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E’ il mondo a rischio default?

Foto di Steve Buissinne da Pixabay

Secondo l’Institute of International Finance il debito globale del mondo ha raggiunto i 313.000 miliardi di dollari, a fonte di un PIL globale di 102.000 miliardi, con un rapporto debito/PIL di circa 3 (o 300 in percentuale), un picco mai raggiunto prima. Tale debito è formato da circa 92.000 miliardi di debito pubblico e da 221.000 di debito privato. Ci sono paesi che hanno un debito pubblico più basso, ma un debito privato più alto, ma tutti i paesi che contano l’hanno aumentato a causa delle recenti crisi (Covid e guerre).

Qualche esempio può essere utile. L’Italia è nota per avere un debito pubblico elevato (144 % del PIL) ma ha un debito privato (famiglie + imprese) più contenuto di altri paesi (circa 140 sul PIL), così che raggiunge un debito globale inferiore a quello della Francia (284 a fronte di 340). La Germania ha un livello di debito totale appena un po’ più basso dell’Italia (267), fatto però di un debito pubblico particolarmente basso (64) e di un debito privato più alto di quello italiano (193). Gli Stati Uniti hanno un debito totale simile a quello italiano (288), fatto di un debito pubblico assai aumentato recentemente (123) e di un debito privato superiore a quello italiano (165). Il paese più indebitato è il Giappone a 443 (256 di debito pubblico e 187 di debito privato).

A questo punto le domande sono due: i problemi del debito pubblico sono diversi da quelli del debito privato? Qual è il rischio di default? Il problema generale del debito è un problema di fiducia: poiché il debito è fatto di prestiti, se un paese, una famiglia o un’impresa non vengono ritenuti in condizione di ripagare i prestiti in un futuro definito, nessuno darà più loro dei prestiti e dunque falliranno (andranno in default). Ora, qual è la differenza tra i default privati e quelli di uno stato? In primo luogo, i default privati non avvengono mai tutti insieme: qualche azienda fallisce, a altre prosperano; qualche famiglia va in grossa difficoltà e diminuirà i consumi, ma altre aumentano le entrate e potranno migliorare le proprie condizioni di vita, anche se è vero che gravi crisi peggiorano in generale la situazione di molti e talora lo stato deve intervenire a sostenere consumi e investimenti. Il debito pubblico, invece, è addossato ad un unico debitore – lo stato, appunto – e se questo si spinge al punto da far perdere a tutti gli acquirenti delle obbligazioni pubbliche la fiducia di una restituzione il default diventa inevitabile: non si troverà più chi finanzia il debito pubblico di quello stato e ci sarà una grave battuta d’arresto negli investimenti. È questo il motivo che porta l’attenzione del mondo economico e politico a concentrarsi più sul debito pubblico che su quello privato.

Due osservazioni importanti per concludere. Se un paese ha un debito privato sempre più alto le sue famiglie e imprese vivranno una vita sempre più difficile e incerta e questo si ripercuoterà sul tasso di sviluppo economico e sulla condizione di benessere dei suoi cittadini, ma solo sul lungo termine il paese potrà fallire. Un debito pubblico crescente sul PIL, invece, va rapportato alla ricchezza del paese e alla solidità dei suoi rapporti con cittadini e istituzioni interne ed estere, per cui è possibile che un paese come l’Argentina vada in default a livelli di debito pubblico sul PIL relativamente bassi, mentre l’elevatissimo debito pubblico sul PIL del Giappone non lo ha mai spinto al default, perché nessuno ha mai perso fiducia sulla capacità del Giappone di ripagarlo. L’Italia è in una posizione intermedia fra le due citate ed è finora riuscita sempre ad evitare il default, ma l’attenzione deve restare alta. Infatti, più debito pubblico un paese ha meno flessibilità possiede nell’aumentare la spesa pubblica in momenti di crisi ed è dunque fortemente consigliato cercare di abbassare il debito pubblico in periodi relativamente positivi (come prevede il Patto di Stabilità dell’eurozona, che entrerà in vigore a breve), per avere più margini di manovra durante le crisi.

Vera Negri Zamagni: