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2024: le sfide della misericordia

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Il 2024 non può fare a meno della misericordia. Quello di Francesco è il Magistero della condivisione. E lo sarà ancora di più nel nuovo anno come risposta all’escalation globale di guerre e odio. La Chiesa dopo il Concilio, soprattutto in Occidente, ha innovato molto nel rapporto con il mondo moderno e nel dialogo interreligioso. Ma ha realizzato meno dell’aspirazione a una Chiesa dei poveri. In America latina le cose sono andate diversamente. Sia per la situazione sociale di partenza che per la sensibilità dei vescovi, anche nei confronti del pensiero di Paolo VI. Significativamente il Papa latinoamericano ha celebrato il Giubileo della misericordia. Realizzando l’ispirazione dei suoi predecessori Roncalli e Montini. “Colpisce l’atteggiamento di Gesù- osserva Francesco-. Non sentiamo parole di disprezzo. Non sentiamo parole di condanna. Ma soltanto parole di amore, di misericordia, che invitano alla conversione. Avere un cuore misericordioso non significa avere un cuore debole. Chi vuole essere misericordioso ha bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto a Dio”. Prosegue Jorge Mario Bergoglio: “La misericordia alla quale siamo chiamati abbraccia tutto il creato, che Dio ci ha affidato. Perché ne siamo custodi, e non sfruttatori o, peggio ancora, distruttori”.“Riscopriamo le opere di misericordia corporale – esorta il Pontefice-. Dare da mangiare agli affamati. Dare da bere agli assetati. Vestire gli ignudi. Accogliere i forestieri. Assistere gli ammalati. Visitare i carcerati. Seppellire i morti. E non dimentichiamo le opere di misericordia spirituale. Consigliare i dubbiosi. Insegnare agli ignoranti. Ammonire i peccatori. Consolare gli afflitti. Perdonare le offese. Sopportare pazientemente le persone moleste. Pregare Dio per i vivi e per i morti”. La rappresentazione più efficace di quanto la misericordia attui e completi il Concilio, il Papa l’ha offerta al mondo aprendo il primo Giubileo tematico della storia nel 50° anniversario della conclusione del Vaticano II. In occasione dell’apertura della Porta Santa, l’8 dicembre 2015, lo storico della Chiesa Alberto Melloni dichiara di aver trovato di una forza e un’audacia straordinaria il ricordo del cinquantesimo anno della conclusione del Concilio Vaticano II. Sottolineando, proprio nel giorno in cui apriva la Porta Santa, come esso sia stato l’aprirsi della Chiesa verso il mondo. Forte ed audace è stata anche la diagnosi fatta da Jorge Mario Bergoglio del cattolicesimo preconciliare. Il Papa ha  richiamato l’attenzione sulle “secche”. E se la Chiesa è una barca, parlando delle secche ha mostrato tutta la necessità teologica del Concilio perché la Chiesa potesse essere ciò che doveva essere.“Come sembra difficile tante volte perdonare. Eppure, il perdono è lo strumento posto nelle nostre fragili mani per raggiungere la serenità del cuore. Lasciar cadere il rancore, la rabbia, la violenza e la vendetta. Ecco le condizioni necessarie per vivere felici”, scrive il Pontefice nella Misericordiae Vultus. Per Francesco, la misericordia non è una parola astratta, ma un volto da riconoscere, ammirare e servire. Questo si manifesta nella Bolla con la quale ha indetto il Giubileo: “Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio. Nulla in Lui è privo di compassione“. Quindi, secondo il Papa, “la sua persona non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente. Le sue relazioni con le persone che lo accostano manifestano qualcosa di unico e di irripetibile. I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della misericordia“. Il messaggio della Divina Misericordia costituisce dunque un programma di vita molto concreto ed esigente perché implica delle opere.La misericordia è conversione e guarigione. Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova. E infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza. La data di inizio del Giubileo della misericordia per la Chiesa Universale è stata volutamente quella del 50° anniversario del Concilio. Il mandato è quello di riprendere con la stessa forza ed entusiasmo la spinta missionaria del Concilio, che sei decenni fa, prima di produrre documenti, è stato un incontro, un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini di oggi. Ai quali il Papa si è rivolto nella messa a piazza San Pietro che ha preceduto l’apertura della Porta Santa. A Roma e in tutte le diocesi della terra, varcare la Porta Santa ha avuto anche il significato di ricordare un’altra porta che, cinquant’anni prima, i Padri del Concilio Vaticano II avevano spalancato verso il mondo. L’anno che inizia oggi culminerà in un altro Giubileo. Quello del 2025. Nell segno della condivisione e della misericordia.

Giacomo Galeazzi: