E’ durata appena cinque giorni, ma va imputata ai venti di burrasca e al mare agitato, la tregua negli sbarchi di migranti a Lampedusa. Esattamente come era accaduto martedì scorso, le motovedette della Guardia costiera, delle Fiamme gialle e dell’assetto svedese di Frontex hanno soccorso prima un peschereccio di circa 20 metri con a bordo 573 profughi, poi un’altra carretta con 259. Entrambe le imbarcazioni sono partite dalla Libia e, sfidando le condizioni del mare, non certamente ottimali, sono riuscite ad arrivare nelle acque antistanti alla più grande delle isole Pelagie dove sono state soccorse dalle unità italiane e da quella di Frontex. I migranti hanno dichiarato di essere originari di Siria, Egitto, Bangladesh, Pakistan, Etiopia e Sudan. Ma le testimonianze raccolte dei poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Agrigento, in servizio all’hotspot, non si sono ancora concluse. Gli investigatori stanno cercando di ricostruire i dettagli delle traversate sulla rotta Libia Sicilia, ma soprattutto di identificare chi era al timone dei pescherecci, almeno un paio di scafisti.
La situazione, insomma, non è affatto facile né semplice, sia per il governo, sia per le strutture dell’accoglienza. Anche perché la nuova ondata di arrivi dalla Libia sull’isola siciliana si verifica proprio mentre il governo lavora al Ddl di ratifica del memorandum Italia-Albania sui migranti che sarà presentato in Consiglio dei ministri e poi in Parlamento. Dalla primavera 2024, i migranti messi in salvo nel Mediterraneo dalle navi italiane saranno trasferiti in Albania. Punta a dissuadere le partenze e il traffico di esseri umani, nonché ad alleggerire hotspot come quello di Lampedusa, il protocollo di intesa siglato da Giorgia Meloni ed Edi Rama il cui Ddl di ratifica doveva essere presentato e approvato in Consiglio dei ministri ieri, lunedì 27 novembre. Invece è stato congelato, visto che conterrà anche le disposizioni di spesa per dare attuazione all’accordo. Il testo non era evidentemente ancora pronto per la presentazione.
È la concretizzazione di un accordo “sostanzialmente chiuso a Ferragosto”, durante l’incontro che i due leader hanno tenuto in Albania. L’Italia userà il porto di Shengjin, all’altezza di Bari, e l’area di Gjader, 20 chilometri nell’entroterra, per realizzare entro primavera, a proprie spese, due strutture: una di ingresso, per le procedure di sbarco e identificazione; e una di accoglienza temporanea degli immigrati salvati in mare. Il protocollo non si applica agli immigrati che giungono sulle coste e sul territorio italiani ma a quelli salvati nel Mediterraneo da navi italiane, come quelle di Marina e Gdf. Non quelle delle ong. “Nei due centri i migranti staranno il tempo necessario per le procedure. Una volta a regime, ci potrà essere un flusso annuale di 36-39 mila persone”. La giurisdizione dei centri sarà italiana, mentre l’Albania collaborerà con le sue forze di polizia per sicurezza e sorveglianza. Va detto che le autorità italiane intendono fornire ai migranti salvati in alto mare e portati in Albania, applicando il memorandum siglato da Roma e Tirana, le stesse garanzie fornite dal diritto Ue, e la Commissione Europea, dal canto suo, si assicurerà che il trattamento riservato ai richiedenti asilo portati in Albania sia compatibile con il diritto Ue, stando a quanto si apprende a Bruxelles. Gli Stati membri dell’Ue possono decidere di estendere le tutele del diritto Ue anche al di fuori dal territorio dell’Unione, ad esempio nei propri consolati, a patto che nulla venga fatto per minare il diritto Ue medesimo.
Il principio di non refoulement, che si applica alle persone salvate in alto mare, non verrebbe violato dal memorandum d’intesa, poiché è possibile, per il diritto comunitario, lo sbarco del richiedente asilo in Paesi terzi, a patto che non ci sia refoulement, e non è questo il caso dell’Albania. La giurisdizione che si applicherebbe ai richiedenti asilo è quella italiana, non quella albanese: i centri sono fisicamente in Albania, ma da un punto di vista giuridico sono in Italia. Ai migranti portati in Albania si applicherà la procedura per le frontiere, una procedura accelerata che si svolge al confine e che anche in Italia prevede la detenzione del richiedente asilo. Ed è su questo che il governo sta lavorando.