Nel 2023, il Global Gender Gap afferma che seguendo il ritmo attuale ci vorranno ancora 132 anni per raggiungere a livello globale la parità di genere. Per accorciare i tempi che si preannunciano molto lenti, la Gender Equality Strategy 2020-2025 si propone l’obiettivo di far progredire velocemente in Europa un modello di democrazia paritaria. La Commissione UE ha approntato un programma per il raggiungimento dell’eguaglianza di genere ed emancipare le donne e le ragazze, in tutti i campi della vita sociale. Non si tratta, infatti, solo dell’affermazione di un diritto fondamentale, ma di mettere in campo le condizioni necessarie per un mondo prospero e sostenibile.
L’agenda europea pone l’accento sull’obiettivo di contrastare la violenza di genere, di valorizzare la cura e il lavoro domestico non retribuito, di garantire pari opportunità di leadership ad ogni livello decisionale. Con specifico riferimento al diritto alla salute, l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda il superamento di prestazioni sanitarie modellate su uno standard solo maschile e che non tiene conto delle peculiarità delle donne. Il principio di appropriatezza delle cure va declinato attraverso approcci terapeutici differenziati per donne e uomini, in considerazione delle influenze biologiche, legate al sesso, socioeconomiche e culturali sullo stato di salute del singolo.
Lo sviluppo della c.d. medicina di genere come fattore determinante del diritto alla salute è già presente nell’Equity Act del 2001 in cui si rivolge l’attenzione verso le sperimentazioni e gli studi clinici di genere. La scienza medica si è basata per secoli su un unico parametro di indagine che ha poco considerato le differenze biologiche e le specificità legate al genere. Le caratteristiche proprie del femminile sono state oggetto di uno studio condotto dalla cardiologa Bernadine Patricia Healy che ha formulato la c.d. Yentl Syndrome. In un articolo pubblicato sul New England Journal nel 1991, la dottoressa spiega le difficoltà diagnostiche delle malattie cardiocircolatorie delle donne in ragione dei sintomi differenti rispetto a quelli che presentano per le medesime patologie i pazienti maschi. Le donne, dopo la menopausa, sono più esposte degli uomini a problemi cardiaci. Il sex and gender medicine costituisce la risposta per comprendere in che modo le malattie si manifestano nei due sessi e si verificano le reazioni ai farmaci e ai trattamenti medici. Un modo di rendere effettivamente universale il diritto alla salute nel solco del principio di eguaglianza.
In tale prospettiva il costituzionalismo contemporaneo fondato sull’appropriatezza esige un modello di medicina personalizzata che si occupi di ogni singola persona o non soltanto di classi o categorie di pazienti. Sicché, la diversità di genere richiede interventi mirati per garantire il pieno godimento del diritto alla salute. Un universalismo che si concretizza con i livelli di assistenza, previsti dalla legge sul Sistema sanitario nazionale, come essenziali, cioè necessari e appropriati, attribuiti alla competenza esclusiva dello Stato. E la cui lesione andrebbe a compromettere lo stesso nucleo irriducibile della dignità umana. Anche le nuove tecnologie sono di ausilio alla medicina di genere. La telemedicina può rappresentare, infatti, un valido supporto anche per coloro (spesso donne) che si prendono in cura un familiare non autosufficiente o affetto da malattie croniche. Il costante monitoraggio dei pazienti consente una tempestiva comunicazione del loro stato di salute. Con l’uso di sistemi ad elevata tecnologia, installati in casa del malato, è possibile anche da remoto rendersi conto della condizione del proprio congiunto, così migliorando la qualità di vita anche del caregiver lavoratori. Ecco, quindi che promozione e finanziamento delle tecnologie digitali esigono il rispetto del principio di eguaglianza e di non discriminazione affinché il progresso del welfare sanitario renda fruibile il diritto alle cure senza che nessuno sia lasciato indietro.
La medicina di genere non va considerata una medicina delle donne ma un nuovo paradigma che offre un approccio innovativo volto a garantire a ciascuno la cura più appropriata sulla base delle caratteristiche del paziente, dall’età allo stato socioeconomico e culturale.
L’Italia dispone di una normativa sulla medicina di genere, all’avanguardia e apprezzata a livello internazionale. La legge n.4 del 2018 prevede il parametro di genere e la sua inclusione nella sperimentazione clinica dei farmaci, nella definizione dei percorsi diagnostici terapeutici e nell’aggiornamento del personale medico, con l’obiettivo di perseguire sempre di più una medicina basata sulla centralità di ogni singola persona.