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Maria di Nazaret, preziosa risorsa in tempi difficili

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Il popolo cristiano riconosce in Maria di Nazaret la risorsa per i tempi difficili, e ha risposto cordialmente all’invito del Papa, che ci ha invitato a pregare il Rosario, invocando l’intercessione di Maria per la fine di questo tempo di pandemia: perché ciò che tutti cerchiamo, nei giorni difficili, è lo sguardo di una Madre.

Ma la maternità di Maria ci mostra -e i cristiani lo hanno capito presto, già al Concilio di Efeso del 431, quando la acclamano Theotokos, Madre di Dio- due dimensioni, indissolubilmente intrecciate: è Madre di Gesù e Madre della Chiesa. Ed è proprio questo intreccio il segreto di Maria.

Perchè Lei è innanzi tutto la Madre di Gesù: Colei che genera il Figlio, accogliendolo nella fede ancor prima che nel grembo. E, come ogni madre, vuole che il nostro sguardo non si rivolga a lei, ma al Figlio. E’ la luna illuminata dal Sole, è la nube attraverso la quale possiamo vedere il Sole, senza esserne abbagliati…E’ la Madre-Chiesa, che non ha alcuna autonomia rispetto al Figlio. E’ la prima discepola (“Vergine madre, figlia del tuo figlio…”);  “ha avanzato nel cammino della fede” (Lumen Gentium, n. 58), conservando la fede e la speranza -unica, forse, tra tutti i discepoli!- anche nell’ora oscura del Sabato Santo…

E proprio come ogni madre è stata una risorsa anche per Gesù, nei tempi difficili come nel quotidiano di Nazaret: assieme a Giuseppe, ha insegnato al Figlio, veramente e pienamente uomo, l’avventura della preghiera; e nell’ora della prova più grande non è scappata (meravigliosa l’intuizione di Pier Paolo Pasolini, che, nel suo Vangelo secondo Matteo, fa interpretare a sua mamma il ruolo della Addolorata)… Risorsa nascosta e silenziosa e, proprio per questo, autentica e preziosa.

Ma proprio al Calvario l’orizzonte si allarga e si arricchisce: “Gesù, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé” (Gv 19, 26-27). E il discepolo subito la condusse nel Cenacolo, dove lui e gli altri -pur smarriti dopo la perdita di Gesù-  rimarranno “perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la Madre di Gesù” (At1,14), attendendo Pentecoste…

Dalla Croce, Gesù consegna la Madre al discepolo amato (che siamo chiamati a diventare!) e consegna noi a Lei: proprio al Calvario, nasce l’intreccio tra i due volti della stessa, indivisibile maternità. E Maria, accogliendo la sua nuova e definitiva vocazione,  si mette di nuovo in cammino, custodendo i figli che le vengono affidati, che ormai sono per Lei “Fratelli tutti” di Gesù, suo unico Figlio.

Di questa nuova, ancor più ampia, maternità di Maria, mi piace cogliere  un tratto: l’intercessione. Da sempre i cristiani lo hanno capito, ed è per questo che -anche nel nostro Occidente secolarizzato!- continuano ad affidarsi a Lei: perché intuiscono, magari confusamente, che l’evento di Cana, quando l’acqua viene mutata in vino, si rinnova anche oggi. E Maria, vedendo le nostre paure e i nostri fallimenti, continua a dire a Gesù: “non hanno vino”; e ai servi: “qualunque cosa il Figlio vi dica, fatela” (cfr. Gv 2,1-11).

Tutti noi ci fidiamo di Lei, la Donna dell’intercessione, e nelle ore più buie ripetiamo sempre di nuovo: “Ave, Ave…”. Ma questo non può diventare una mancata responsabilità. Maria è la credente che intercede, e ci chiede di imparare da Lei, e di imitare: “ogni anima che crede concepisce e genera il Verbo di Dio e riconosce le sue opere” (Sant’Ambrogio).

Chiesa che confida, Chiesa dell’intercessione: questo siamo chiamati a diventare. Anche oggi: chiamati a intercedere per chi sta rimanendo indietro, in questo tempo di ripartenza; ad accompagnare chi rimane solo; ad ascoltare il dolore degli adolescenti, che stanno soffrendo molto; a intercedere la pace…

Ma questo vuol dire imparare da Lei a mettersi in mezzo e rischiare, perché non si tratta solo di formulare pensieri devoti. Qualche volta, provo a pregare così: “Dammi la grazia, Signore, che quanto è oggetto delle mie preghiere sia anche oggetto delle mie opere” (San Tommaso Moro). Ce lo ha insegnato Maria!

mons. Calogero Marino: