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Manovra: giusto compromesso tra sogni e bisogni

Due mesi di vita, una legge di bilancio, che vale circa 35 miliardi di euro, scritta a tempo di record dovendo evitare mine vaganti e ostacoli nascosti. Il tutto in un contesto – sia nazionale che internazionale – particolarmente complesso e disseminato di variabili. Tanto imprevedibili quanto articolate nelle loro dinamiche. E’ un po’ come se sul tavolo da biliardo le buche apparissero all’improvviso, rispetto a quelle tradizionali, facendo saltare i giochi di sponda. Difficile giocare così.

Ecco, fuori da ogni metafora, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, insediatosi a Palazzo Chigi circa due mesi fa, con una crisi internazionale in corso, si è trovato ad affrontare la sua prima legge di bilancio, o manovra economica come dir si voglia, all’interno di questo perimetro. Certo, tutto ciò non assolve, o condanna a seconda dei punti di vista, il governo in carica, ma non si può nemmeno non tener conto della cornice entro la quale il documento economico è stato scritto.

Lo stesso ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha riconosciuto che la maggioranza ha fatto “qualche errore di natura soprattutto tecnica”, facendo intuire come alcune componenti del centrodestra abbiamo tentato fughe in avanti e operazioni puramente elettorali a spese del Paese. Giusto averle stoppate, ma la lezione deve servire per il futuro.

Quanto al comportamento dell’opposizione l’esponente di FdI sperava in una linea di condotta diversa: “I primi approcci positivi, poi il clima si è un po’ arroventato. Credo che ci sia competizione fra Pd e Cinque stelle a chi fa la voce più grossa e questo non ha giovato”. Vero, o quanto meno verosimile. Ma nel gioco delle parti tutto ciò non è solo legittimo, ma rappresenta il sale e il pepe della democrazia.

Non solo. Consapevole della scarsità delle risorse finanziarie e delle crescenti difficoltà delle famiglie italiane, l’esecutivo ha cercato di mediare – i prossimi messi ci diranno se a torto o a ragione – fra passione e ragione, tendendo anche l’orecchio alle grida dell’opposizione. Fra l’allargare la borsa, a costo di rischiare tutto, o tenere i conti sulla linea di galleggiamento, come vuole l’Europa, la scelta è stata chiara.

L’impressione è che la manovra, approvata solo con il voto di fiducia – ed questo il vero elemento di debolezza della maggioranza, dal punto di vista politico, che getta un’ombra su tutto il ragionamento -, rappresenti un compresso, giusto o saggio chissà, sicuramente il più accettabile, fra sogni e bisogni. Però è pure possibile, una volta messi a terra tutti gli interventi previsti dalla legge, che il documento economico possa aggredire la realtà, soprattutto se lo scenario internazionale lo consentirà, con una efficacia superiore alle aspettative. Le condizioni per essere ottimisti ci sono, ma tutto ciò è legato alle scelte dell’Europa e a chi sta tenendo in scacco il vecchio continente.

Il caro bolletta, la stessa rivoluzione in atto nel meccanismo di approvvigionamento delle materie prime, oltre ad aver messo il Paese davanti allo specchio, non sono certo fattori esterni a tutto ciò, ma incidono pesantemente sull’azione del governo. Di fatto i margini di manovra, proprio per l’incombenza di questi fattori esterni, per scrivere la legge di bilancio erano ridotti ai minimi termini.

E se molti diranno che il documento porta con se l’eco di Draghi non potrà essere certo smentito. Al netto delle considerazioni politiche, ci sono anche le valutazioni pratiche ad animare il dibatitto. Dal taglio del cuneo fiscale alle pensioni, dalla flat tax alle misure per la famiglia, volendo tracciare un primissimo bilancio per capire chi guadagna e chi perde dalle soluzioni previste, si può comprendere meglio qual è lo scenario entro il quale ci muoveremo nei prossimi mesi.

Con la manovra, ad esempio, si alza il tetto retributivo per poter beneficiare del taglio del 3% del cuneo contributivo – operazione tutta a vantaggio dei lavoratori – che passa da 20 a 25mila euro, mentre viene confermato l’attuale taglio del 2% per le retribuzioni fino a 35mila euro.

Con la legge di Bilancio, inoltre, le pensioni minime (525,38 euro) degli “over 75” salgono nel 2023 a circa 600 euro al mese. Tutte le altre il prossimo anno lieviteranno a circa 570 euro grazie a una rivalutazione maggiorata.

Vengono rafforzati l’assegno unico e i congedi parentali. Aumenta da 7 a 9 milioni l’incremento dello stanziamento a favore dell’assegno unico e universale per i figli a carico previsto per il 2023.

Quanto alla Flat tax viene prevista, per il solo 2023, una soglia incrementale, ovvero una imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali con aliquota proporzionale del 15 per cento, a valere sui redditi di impresa e di lavoro autonomo incrementali rispetto a quelli conseguiti nel triennio precedente. Ne potranno beneficiare imprenditori e professionisti che nel 2023 conseguiranno un reddito di impresa o di lavoro autonomo superiore al reddito della stessa natura realizzato sia nel 2020, che nel 2021, che nel 2022.

Secondo l’Osservatorio sui conti pubblici dell’università Cattolica di Milano, il regime forfettario, con la sua aliquota agevolata al 15%, “offre un chiaro vantaggio sul lato dell’imposta sui redditi”. Più nel dettaglio, un elettricista forfettario pagherebbe oltre 6.500 euro di imposte in meno rispetto ad un elettricista identico assunto da un’impresa, con un reddito al netto di tutte le imposte e i contributi maggiore di quasi 10.000 euro per l’elettricista forfettario rispetto all’elettricista dipendente. Un consulente informatico forfettario risparmierebbe oltre 3.600 euro di imposte rispetto al suo clone assunto nell’impresa, conseguendo un reddito al netto di tutte le imposte e contributi di circa 5.500 euro maggiore. Giusto? Sbagliato? Difficile valutare a caldo.

Certo è che il Paese, dopo anni di contrazioni e restrizioni, aveva la necessità di tornare a respirare. Se questa manovra sia una bombola ad ossigeno o un polmone vero, lo scopriremo presto. Quando inizieremo a fare i conti con gli effetti della legge. La sensazione è che il governo sia riuscito, pur con l’evidente affanno di questi giorni, a superare la sua prima vera prova, con l’Europa in vigile attesa, anche se i veri esami, quelli tosti, devono ancora arrivare.

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