Tempo fa lo scrittore opinionista Luca Ricolfi ha diffuso una sua interessante pubblicazione, “La società signorile di massa”. Ha messo in definitiva a fuoco i grandi cambiamenti avuti dagli italiani nelle abitudini, nella cultura, nei consumi; impensabili per diffusione nella nostra società fino a qualche decennio fa. Dunque una analisi di un paese che da una parte è attraversato da forti contraddizioni, malessere sociale, povertà, e dall’altra in modo largamente esteso vive una condizione di moderata agiatezza, con cittadini che in questa epoca di grande consumismo, rincorre in una corsa senza sosta ogni novità, ogni comodità, ogni simbolo che possa dare il segno di appartenenza alla “middle class”.
Nell’altra faccia della situazione italiana, si nota ad occhio nudo che quando perdiamo una occupazione, o quando non abbiamo mai lavorato ed aspettiamo di trovarne una, generalmente non vogliamo né un lavoro umile né pesante, né poco remunerato. È vero che ci sono moltissimi che per bisogno si adattano, ma il fenomeno di rifiutarli coinvolge sempre più un numero più grande di italiani, e certamente il “reddito di cittadinanza” ha convinto tante persone a confermare questo comportamento, ma a voler essere parte della società signorile di massa.
Sia ben chiaro, voler vivere bene, rincorrere l’agiatezza, ricercare la migliore vivibilità, non è un male; fa parte dell’indole umana. Peraltro identificarsi nella classe media e i suoi stili di vita, secondo me è un bene, perché spinge a ricercare ogni possibilità per progettare una condizione di vita famigliare che faccia la differenza con la storia da cui si proviene, dandosi come obiettivo una abitazione decorosa e capiente, facendo studiare i figli nelle migliori scuole ed Università: insomma avere progetti di famiglia.
Rimasi molto colpito circa tre anni nell’assistere ad un congresso sindacale statunitense quando il Presidente dell’Union (così chiamano il Sindacato), concludendo la sua introduzione, con enfasi, dichiarò che il loro obiettivo era diventare middle Class, (ceto medio). A base di quella rivendicazione poneva il problema di guadagnare di più lavorando di più, aumentando la produttività e redditività delle loro aziende.
Quello che attualmente manca nella cultura corrente del nostro paese, è l’idea che per stare meglio occorre però darsi da fare di più. L’Italia da tempo è incapsulata in un bozzolo da cui non riesce a muoversi. Ora per il dopo Covid abbiamo nuove chance e dobbiamo progettare l’Italia futura dandoci mete collettive. Quando c’è voglia di andare avanti si progetta guardando oltre le difficoltà e trovando soluzioni. Si crea un clima virtuoso perché mettiamo in moto la forza innata ed inarrestabile che abbiamo dentro; sogniamo di fare cose nuove, liberiamo il genio che è dentro noi. Quando la ricerca di mete nuove diventa un fenomeno collettivo, tutto è facile da cambiare. Ecco! Vogliamo migliorare? Dobbiamo sapercelo meritare e produrre quanto serve per averlo. Avremo una condizione economica migliore, ma soprattutto utilizziamo il meglio della forza che il Signore ci ha dato.