Quando Licia Ronzulli lancia (non porge: lancia) il ramoscello d’olivo, Giorgia Meloni risponde con un sorriso. Di condiscendenza, di comprensione, di perdono, di soddisfazione? Di vittoria? Ognuno la pensi come vuole, ma intanto il governo va, Berlusconi non parla ma benedice, Salvini ringhia ma non morde.
“Troppo perfetto, la gente si annoia” titolava un giornale italiano a metà della missione spaziale dell’Apollo 13. Il giorno successivo iniziarono i guai. Invece per il governo Meloni bisognerà aspettare, prima che inizino a vedersi le increspature sulla superficie del mare. È stata abile, il Presidente del Consiglio (attribuiamo alle singole parole il loro tradizionale genere non per conformismo, ma per antico convincimento, ndr) nella sua relazione programmatica alle Camere. Ha, certo, fatto qualche scivolone e la sua ricostruzione degli Anni di Piombo è stata ancor più insoddisfacente di quella fatta da La Russa. Ma nel complesso ha capito cosa doveva dire, e grossomodo l’ha detto. Splendida vittoria di Alcide De Gasperi: anche gli ex fascisti terzaposizionisti di estrazione peronista e tradizione antioccidentale adesso professano l’europeismo e l’atlantismo. Vecchia Dc, hai veramente plasmato l’Italia a tua immagine e somiglianza, ed è un’immagine che tranquillizza e rassicura. Qualcuno dovrebbe rendertene merito e testimonianza.
Giorgia Meloni ha detto molte cose che, se le avesse dette la sinistra in campagna elettorale, non avrebbe tradito la propria natura e forse avrebbe fatto una figura elettoralmente migliore. Comunque sarà un governo di destra e lo si è visto dai primi annunci di carattere fiscale come anche sull’immigrazione. Non ci si poteva aspettare altro. Anche i richiami a San Giovanni Paolo II e a San Benedetto sembravano omaggi più alla Tradizione secondo Julius Evola che non alla Dottrina Sociale della Chiesa. In tema di emergenza sociale più che rispondere ai pressanti appelli della Cei si è strizzato l’occhio al poujadismo, più ai gilet gialli che al ceto medio, più alla jacquerie che ai nuovi poveri. Quanto alla richiesta di una nuova legge elettorale: non pervenuta. Si rilancia semmai con il presidenzialismo, che è come dire l’estremizzazione della Seconda Repubblica maggioritaria e dei suoi fallimenti. Ma questi, per l’appunto, sono nodi che casomai verranno al pettine in un secondo momento.
Oggi tutti sono concentrati sulla tenuta dell’alleanza con Lega e Forza Italia, ma già si capisce che è un errore di prospettiva. È vero che Meloni si trova nella stessa scomoda posizione della Germania guglielmina alla fine dell’Ottocento, vale a dire con due avversari uno a est e l’altro ad ovest. Ma finora le è riuscito il gioco di Bismark: colpire a ovest (la Francia) per avere una controassicurazione a est (con la Russia). La scommessa sarà nel gestire questo delicato equilibrio il più a lungo possibile: basta un passo falso e scatta la reazione a tenaglia.
Siamo, a questo punto, nel campo del futuribile. Nell’immediato la maggioranza tiene, il governo ha tutta la fiducia, Licia Ronzulli inghiotte il boccone amaro mentre stragiura che mai e poi mai c’è stata animosità, e Giorgia Meloni risponde con un sorriso. Come cantava il suo autore preferito, che se non è Tolkien può essere solo Lucio Battisti: “Un sorriso e ho visto la mia fine sul tuo viso”.