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Lettera a Luigi, ucciso a diciassette anni

E anche tu, Luigi, te ne sei andato. In una città sfinita, stanca, arrabbiata di doversi difendere dalla paura della pandemia e dai giovani come te, te ne sei andato. La tua morte mi ricorda quella di Ugo, nemmeno un anno fa. Stesse modalità, stesso sconcerto, quasi la stessa età. Purtroppo, credo che saranno in pochi a rimpiangere la vostra scomparsa. Ambedue siete stati uccisi mentre tentavate di portare a termine una rapina.

È terribile essere rapinati, sai? Anche a me è successo. Solo, mi recavo una mattina al cimitero; la strada era deserta. Accadde tutto alla velocità del lampo. Si avvicinarono a bordo di una macchina. Dal finestrino spuntò la canna di una pistola. Era finta? Era vera? E chi saprebbe dirlo. Mi sono sempre rifiutato anche solo di toccarla, una pistola; il solo pensiero che possa mettere fine a una vita mi toglie il respiro. «I soldi, presto, dacci i soldi. Sbrigati che ti ammazziamo», urlavano gli aguzzini. Il cuore iniziò a battere all’impazzata. Gli consegnai quello che avevo. Mi obbligarono a tornare indietro, a non procedere verso il cimitero. Scapparono via, lasciandomi addosso una tristezza infinita.

Tuo padre, Luigi, adesso chiede “giustizia e verità”. È suo diritto. Purtroppo, la verità, orribile nella sua spietata banalità, è che suo figlio e il suo compare stavano compiendo una rapina. A bordo di un motorino rubato, con una pistola – a quanto sembra finta – in mano. La verità è che lui stesso, tuo padre, davanti al cui dolore ci inchiniamo, è agli arresti domiciliari. Tutti chiediamo che sia fatta luce sulla tua morte avvenuta per le mani degli uomini delle forze dell’ordine con i quali ti sei scontrato. Tutti chiediamo e vogliamo vivere in uno Stato di diritto; tutti abbiamo bisogno di sentirci al sicuro, nella città che amiamo, tra i vicoli che ci sono cari.

Temo, però, che anche la tua morte, come quella di Ugo, e di tanti altri giovanissimi malavitosi napoletani, ben presto, passerà sotto silenzio. E questa è una tragedia nella tragedia. La tua vita, Luigi, era bella, unica, irripetibile. Mi viene il magone al pensiero che quando il mondo si appressava a festeggiare l’anno duemila tu non eri ancora nato. Hai fatto tutto in fretta. In fretta sei cresciuto – ma sei mai veramente cresciuto? – in fretta hai abbandonato la scuola, in fretta ha smesso di avere paura di lanciarti a notte fonda a compiere rapine. In fretta hai dovuto dire addio alla vita. E adesso, come un nastro riavvolto, ci tocca rivedere le solite scene. I tuoi amici, soprattutto quelli più grandi di età, che tutto sapevano e niente hanno fatto per strapparti da quella strada di morte, faranno volare palloncini bianchi e colombe immacolate. Scriveranno sugli striscioni che sei la stella più lucente del firmamento, l’angelo più bello del paradiso. Faranno a gara, se le autorità lo permetteranno, per portare sulle spalle la bara dove riposano le tue spoglie. Verseranno lacrime – lacrime che crediamo sincere – faranno stampare il tuo nome e il tuo volto sulle magliette che indosseranno. Il tuo funerale somiglierà a una festa.

Poi, lentamente, i giorni torneranno a scorrere tra i vicoli di Napoli, con la monotonia di sempre. E anche su di te, come già su Ugo, come sui tanti che ti hanno preceduto, scenderà l’oblio. Un oblio triste, grigio, rassegnato. Ben presto i giornali ci racconteranno altre storie. Napoli bella, Napoli nostra, fino a quando potrai sopportare di vedere le tue strade insozzate di sangue tanto giovane? Fino a quando ripeterai, senza arrossire, che si, in fondo, è colpa loro. Fino a quando riuscirai a trattenere le lacrime per questi tuoi scapestrati figli strappati alla vita?

Come vorremmo, Luigi carissimo, stare qui ad elencare le tue doti; come vorremmo parlare di te come in questi giorni stiamo facendo col tuo quasi coetaneo Carlo Acutis, che la Chiesa a breve proclamerà beato. Come vorremmo scrivere di te come di un eroe caduto mentre tentava di salvare un amico. E invece, ancora una volta, siamo qua, con le lacrime agli occhi e la rabbia nel cuore, a gridare che l’uccisione di un giovane di 17 anni, avvenuta mentre stava tentando una rapina, non è solo un fatto privato. Nulla volendo togliere alla responsabilità dei genitori, occorre ammettere che la morte di Luigi è una sconfitta per tutta la regione Campania. Riconosciamolo onestamente. E diamoci da fare perché nessun ragazzino, a Napoli e dintorni, abbia più a sentire il fascino di appartenere a una banda di delinquenti.

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